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Indagine choc sui morti nelle case di riposo. Il Biellese è il peggiore

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BIELLA – Come riporta Prima Biella, i sindacati degli anziani di  Cgil, Cisl e Uil Piemonte hanno diffuso i dati choc di un’indagine sulle quasi 800 strutture residenziali per anziani presenti in Piemonte, basati su dati Istat. Sono stati messi a confronto il mumero di morti nel 2020 con quelli registrati in media nei 5 anni precedenti. Il dato clamoroso è proprio quello di Biella, dove i morti tra gli over 65 sono cresciuti del 72,8% e quasi raddoppiati fra gli over 90 anni.

Il dossier di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil

Natuaralmente l’incremento maggiore della mortalità tra le persone con più di 65 anni nelle 20 Regioni italiane si è verificato nelle Regioni più colpite dall’epidemia da Covid 19. “In Piemonte la mortalità tra la popolazione over 65 è aumentata del 40%, un dato altissimo – sottolineano le tre sigle sindacali di Cgil Cisl e Uil – In confronto tra le province piemontesi fa emergere come la mortalità per gli over 65 sia aumentata drasticamente in tutte le otto province. Ovviamente ci sono delle differenze percentuali anche piuttosto rilevanti, ma la situazione è stata drammatica ovunque”.
La Provincia che presenta la situazione peggiore è Biella: i morti tra gli over 65 sono aumentati del 72,8%, con un picco di incremento del 90% tra gli over 85, in pratica i morti tra i grandi anziani sono quasi raddoppiati.
Non stupisce troppo che le province che hanno presentato un aumento di decessi inferiore siano quelle più a ovest, non confinanti con la Lombardia: la Città Metropolitana di Torino ha visto un aumento del 36,8% mentre la Provincia di Cuneo ha incrementato il numero di decessi del 28,3%.

Ad Alessandria più alta la percentuale dei decessi tra la fascia più giovane 65-74 anni

Situazione particolare quella verificatasi in Provincia di Alessandria, dove l’incremento più marcato (75,7%) ha riguardato la fascia di età più giovane, quella tra i 65 e i 74 anni.

La mortalità è aumentata molto di più nei Comuni in cui è presente almeno una struttura residenziale per anziani. Se la differenza è meno marcata per quanto riguarda i decessi di persone tra 65 e 74 anni di età, la forbice si allarga con l’aumentare delle classi di età. È addirittura del 56,1% dove sono presenti strutture e 34,8% dove sono assenti per i decessi di persone con più di 85 anni.

Differenze su base provinciale dei comuni con RSA e quelli senza

Nelle province di Biella e Vercelli, la differenza di incremento di mortalità tra Comuni con strutture e senza supera il 30%. Nelle province di Alessandria e Asti si ferma pochissimo al di sotto di questa soglia.
Poiché molto spesso le strutture residenziali sorgono in Comuni medio-grandi, abbiamo ritenuto opportuno suddividere i dati anche in base alla popolazione comunale. Tuttavia, non sono emerse differenze di incremento significative: questo avvalora la tesi che a far la differenza sia solo la presenza di strutture residenziali.

Graziella Rogolino, (SPI CGIL) Francesco Guidotti ( FNP CISL) e Lorenzo Cestari (UILP UIL): “Nelle Rsa del Piemonte almeno un migliaio i morti per Covid”.

“Dalle nostre indagini emerge con chiarezza che nelle RSA le morti per Covid-19 sono state almeno un migliaio – dichiarano Graziella Rogolino, (SPI CGIL) Francesco Guidotti ( FNP CISL) e Lorenzo Cestari (UILP UIL) – La strage era sicuramente evitabile con una gestione più attenta ed un presidio medico adeguato presso le strutture, non casualmente, infatti, contagi e decessi risultano maggiori nelle RSA accreditate, perciò a gestione privata, generalmente meno efficenti e medicalmente meno assistite”.
Significativo è anche il dato sulle dimensioni, le RSA più piccole mediamente hanno meno contagi e meno decessi a dimostrazione che l’assistenza si riduce con l’aumento dei posti letto.
“Le drammatiche vicende dei mesi scorsi, l’incapacità e, in alcuni casi, l’impossibilità delle RSA di provvedere con maggiore efficacia ai propri fragili ospiti, dimostra che l’intero sistema della residenzialità va radicalmente rivisto – continuano i tre sindacalisti – Da tempo sappiamo che nelle RSA gli anziani vivono in una situazione di assoluta spersonalizzazione che aggrava le loro già precarie condizioni di salute e l’epidemia ha dimostrato in maniera lampante che non sono neppure assistiti in maniera adeguata.
“A nostro avviso le RSA devono diventare strutture a prevalenza sanitaria e ricoverare solo persone con gravissime malattie, incompatibili con l’assistenza domiciliare.
Per la maggior parte delle situazioni invece gli anziani devono essere lasciati in casa mettendo in atto un’organizzazione medica, infermieristica e di sostegno economico e di servizi per le famiglie.
Nei casi meno gravi si possono sperimentare forme di case solidali, condomini assistiti, coausing.
La vergogna delle RSA come lazzaretti per morire deve finire, le strutture vanno modernizzate e utilizzate per curare le persone più gravi. La domiciliarità e il sostegno solidale sono il futuro e sono investimenti e non costi perchè consentiranno un risparmio tangibile in sanità e una vita migliore per tutti.
Dal modo come si trattano i più fragili si misura il grado di civiltà di un paese, e tra qualche anno gli anziani e i grandi anziani saranno un terzo della popolazione.
E’ indispensabile mettere in atto un progetto di vita per loro, che li mantenga attivi il più a lungo possible, li assista nelle necessità quotidiane senza sdradicarli dal loro ambiente di vita, li curi con umanità ed efficienza quando sono gravemente non autosufficienti”.

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