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Il vecchio ospedale abbandonato rivestito di murales, un passo per rendere la città più accogliente

L’ex segretario regionale del Pd, Paolo Furia, ritorna sulla proposta che ha fatto molto discutere

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Un intellettuale in missione, non necessariamente per il Partito democratico, che ha comunque nel Dna, Paolo Furia è tornato a Biella dopo un giro estivo per l’Europa, riprendendo un discorso interrotto.

«Da un mio post su fb lanciato con l’entusiasmo di una visita privata a Lione, città con una storia nel commercio e nell’industria della seta oggi rimessa a nuovo grazie a poderosi progetti di ristrutturazione dei quartieri comprensivi di tanta, tanta arte pubblica, è nata una grande discussione social sull’opportunità di coprire una delle facciate del vecchio ospedale con un murales professionale – spiega l’ex segretario regionale del Pd -. Una proposta personale. Una proposta che conteneva una certa dose di provocazione, che ha colpito nel segno. Al di là degli scontri social, infatti, si è riaperta dopo anni di silenzio una riflessione sul destino del vecchio ospedale, dell’intero quartiere in cui insiste e dello stesso skyline della città. Proprio da questa considerazione vorrei partire per un confronto indispensabile a meno di un anno dalle prossime elezioni amministrative».

Furia entra nel dettaglio della sua visione: «Lo skyline o panorama della città è un biglietto da visita per tutti coloro che giungono da fuori, destinato a impattare sull’immaginario turistico, ma anche esperienziale, della città fuori dai nostri confini. Oggi lo skyline di Biella è di una desolazione che non può non lasciare interdetti i biellesi: arrivando col treno da Santhià, svetta sulla collina sul Cervo il grande monoblocco bianco stinto, ombreggiato di sporco, a breve diroccato; e poco dietro, sovrastante il Piazzo, svetta la torre Lamarmora Ferrero, in parte della famiglia e in parte del Comune, coperta da impalcature senza lavori in corso, non restaurata e insicura. Se poi si attraversa il ponte della tangenziale (quando Anas completerà i lavori…), si può vedere lo straordinario panorama sull’Est urbano, sul quale si sono concentrati gli sforzi meritori, ma solitari, di un osservatorio di cittadini e associazioni. Un panorama oggi tanto straordinario quanto desolato».

Il docente universitario con la politica nel sangue, insiste: «Credo che Biella sia l’unica città d’Europa dotata di torrente, peraltro posizionato in modo scenico, che non abbia mai sviluppato una politica di valorizzazione sistematica: niente attraversamento pedonale; niente valorizzazione del vecchio guado e di quella bella vegetazione che potrebbe ospitare, per dire, fattorie didattiche, orti urbani e attività di escursionismo soft. Se non ci fossero la Fondazione Pistoletto e la Fondazione Sella a preoccuparsi perlomeno del lato nord di questo panorama, la desolazione sarebbe completa, con la splendida eccezione dell’angolo in cui si tiene a inizio estate il festival del “Reload”. Parlare di panorama non è secondario in una città che si sta raccontando da vent’anni di doversi posizionare sul piano del turismo, della cultura e del buon vivere. Pensiamo che si possano attirare persone (visitatori e nuovi residenti) in una città che appare per metà come una città fantasma, segnata in modo irrimediabile e irriformabile dalle aree dismesse? Una città che attende il miracolo di interventi risolutivi di tutti i problemi e che nel frattempo rifiuta ogni idea pratica per paura o per il gusto della lamentela non può risultare attrattiva, neppure per quella parte (sempre più abbondante) di giovani che le appartengono, ma che lavorano altrove perché altrove ci sono maggiori opportunità (come il sottoscritto)».

Ecco quindi la proposta: «La situazione del vecchio ospedale deve essere affrontata come segue: interventi modulari, che non riguardino per forza tutta la struttura nella sua interezza. La Francia insegna: è pieno di fabbriche dismesse che, messa in sicurezza la struttura, sono ristrutturate a parti, compatibilmente con gli obiettivi individuati dalla progettualità pubblica e con le finalità degli enti finanziatori (in genere, fondi europei); valutazione attenta dei costi di ristrutturazione e demolizione. La demolizione non dovrebbe mai essere un tabù, di fronte a una costruzione in decadimento, chiusa e malsana, che chiederebbe più soldi a essere ristrutturata che non demolita; dato il significato anche simbolico che il monoblocco ha, tuttavia, alla demolizione è forse preferibile una serie di interventi a lotti, volti anche a valorizzare gli esterni, da mettere in sicurezza, anche in una tempistica diversa a quella degli interni. La provocazione del murales, come si vede, si colloca entro un ragionamento più approfondito, che ha a che vedere con la necessità di intervenire sulla sicurezza e sull’aspetto esteriore del monoblocco, anche al di là dell’esistenza di un progetto complessivo (che rimane auspicabile, ma di difficile realizzazione)».

E ancora: «Mi spingerei oltre osservando che, al di là di cosa ci si possa fare dentro, sarebbe bello, data la posizione del monoblocco che troneggia sulla città e sul paesaggio circostante, pensare a cosa ci si possa fare sopra. Si dovrebbe in questo caso immaginare innanzitutto un intervento di messa in sicurezza della struttura e di liberazione dalle superfetazioni, per ottenere un tetto stabile sul quale immaginare una passeggiata, una copertura di vegetazione leggera sul modello della High Line di New York (una linea di metropolitana rialzata, lunga molti chilometri a differenza del nostro monoblocco, oggi passeggiata pedonale coperta di arte e aree verdi) e una rampa che consenta di raggiungere il tetto dall’esterno sul modello del Centre Pompidou francese. Se il monoblocco potesse diventare fruibile come spazio esterno pubblico, prima ancora che nei suoi piani e interni, si potrebbe realizzare una ristrutturazione “alla nordica”, volta non all’ottenimento di un improbabilissimo vantaggio di mercato da parte di eventuali (ma assenti) partners privati, ma alla restituzione di spazi pubblici da realizzarsi col contributo decisivo dei fondi europei, da aggredire con maggior coraggio».

«Siamo creativi: e allora? Vogliamo aprire una discussione? Non pretendo di aver detto cose complete e perfette, anzi avrò piacere di leggere ulteriori precisazioni e proposte diverse; ma mi chiedo se, in una città che è segnata da decine di aree dismesse, abbiamo ancora voglia di metterci in gioco, provando ad andare oltre la pur comprensibile lamentela, per maturare insieme un progetto più interessante», è la conclusione dell’esponente politico del Partito democratico.

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4 Commenti

1 Commento

  1. Ardmando

    17 Settembre 2023 at 11:30

    Ma smettetela di perdere tempo dietro a questo rudere malsano. Abbattete questo orrore e fateci un giardino, trasformatela in un area verde a beneficio di tutta la città.

    • Spillo

      17 Settembre 2023 at 12:58

      Concordo che qualsiasi cosa si faccia, non ha senso se non si dà una destinazione a questo edificio, dalla amministrazione locale, (comune, provincia) non si può pensare che partoriscono delle soluzioni funzionali.

  2. Giancarlo Lacchia

    17 Settembre 2023 at 19:40

    Sarebbe ora di metter mano al Piano Regolatore decisamente datato e non più aderente all’evolversi della città. non esiste solo il lato est della città ma anche ad ovest di edifici obsoleti e vuoti ce ne sono, dal mattatoio a Palazzo Cisterna al fabbricato demolito nei pressi del bottalino. Ci vuole una visione d’insieme per ripensare al futuro della città e dei suoi volumi vuoti e abbandonati. Conosco Lione e i suoi investimenti nei vari strumenti di trasformazione della città. Non basta armarsi di vernice o mantenere un “verde” che è cresciuto in modo selvaggio sulla riva di un’asta torrentizia che non ha nessuna specifica di parco urbano ampiamente esondabile come sempre è successo in passato.

  3. Rosso eros

    18 Settembre 2023 at 14:32

    forse se lo riaprissero,si entrerebbe dentro ammalati,e si uscirebbe guariti,non come quel’orrenda costruzione a Ponderano,carica di Virus,che circolano continuamente.Sfregiare un opera di tale importanza,e spreco di risorse,non è niente altro che la capacità dell’umo.

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