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Franco Zangirolami, una vita da panettiere – FOTOGALLERY
Prosegue con notevole soddisfazione il nostro emozionante e meraviglioso viaggio fra gli anziani del Biellese.
PONDERANO – Prosegue con notevole soddisfazione il nostro emozionante e meraviglioso viaggio fra gli anziani del Biellese.
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Questa volta abbiamo incontrato il signor Franco Zangirolami, storico panettiere di Ponderano, 85 anni compiuti 4 gennaio gennaio.
Franco ci ha accolti nella sua casa con tanto affetto, pronto a raccontare la sua vita come fosse un libro aperto. Ha esordito dicendo: «Io leggo da sempre il vostro giornale».
Franco, la sua è una lunga storia, tantissima gente la conosce soprattutto a Ponderano. Ma noi vorremmo partire dall’inizio, da quando muoveva i suoi primi passi.
«Io sono nato a Biella. Mio papà si chiamava Floriano, mentre la mamma Santina Scalciati. Eravamo una famiglia numerosa, pensi: 10 figli. Malgrado ciò si andava avanti bene. La mamma per forza di cose faceva la casalinga, mentre il papà era uno chef molto noto, amava il mondo della ristorazione. Ricordo che lo chiamavano in molti locali “in” del Biellese. Andava spesso ad Oropa, insomma, sapeva fare bene il suo mestiere».
Lei invece non ha seguito le orme di suo papà
«No. Quando ero ancora bambino vivevamo a Cossila San Grato a Casa Marchisio. Pensi che proprio sotto casa c’era un panettiere. Si può dire che io sono nato nel pastino. Ero molto attratto dal forno e da tutti quei sacchi di farina. All’età di sette anni i miei genitori chiesero al panettiere se poteva farmi fare qualcosa. Iniziò così la mia lunga strada».
Così piccolo? Ma la scuola?
«A scuola si andava alla sera. Ricordo la maestra Marchisio. Insegnava alle elementari di Cossila. Ho tanti bei ricordi di lei. Pensi, insegnava ai bambini al mattino, mentre alla sera rientrava in classe per fare lezione a noi che lavoravamo. Ha visto come sono cambiati i tempi? Malgrado ciò, si stava bene, c’era tanta armonia, con nulla ci si divertiva».
Stiamo parlando dell’immediato dopo guerra. Erano anni duri, ma pare che lei abbia vissuto bene quel periodo
«Non mi posso lamentare. In famiglia non ci mancava nulla, certo, i sacrifici erano tanti. Dopo quel po’ di esperienza acquisita nel forno di Cossila andai a lavorare a Biella, dal Bertone. Era una panetteria rinomata. In seguito mi chiamarono ad Oropa. Il pane si faceva sempre, anche al sabato notte, in modo che i pellegrini la domenica mattina potessero avere un prodotto fresco. Si lavorava tantissimo. Le infornate erano numerose. Ho ancora in mente quando si usciva dal forno per prendere i sacchi di farina. Si passava dai 40 gradi interni ai 2 esterni. Ad Oropa d’inverno faceva molto freddo, ma quando si è giovani certe cose non pesano, però non so se i ragazzi d’oggi resisterebbero ai sacrifici che facevamo noi 70 anni fa».
Da giovane aveva qualche svago?
«No. Si lavorava e basta. Ogni tanto andavo a ballare nelle feste di paese. Un giorno, ricordo come fosse ieri, ero al carnevale di Biella. C’era l’albero della cuccagna. Io ero molto agile. Riuscii quindi a salire fino in cima aggiudicandomi il premio. Quel giorno conobbi una ragazza che si chiamava Emilia Carisio. Il destino volle che proprio quella giovane diventasse mia moglie. Ci sposammo nel 1960. Dalla nostra unione nacquero due figlie: Cristina e Claudia, intanto lavoravo per mio conto a Ponderano. Gestivo un’attività di vendita al dettaglio. Producevo pane per i vari negozi».
Da come ne parla il suo lavoro le ha dato tante soddisfazioni
«Sì. Visto che iniziai da bambino a muovere i primi passi accanto ad un forno, nel corso di tanti anni sapesse quante scolaresche ho invitato a visitare la mia attività. Migliaia di bambini ho visto. Spiegavo a loro le principali nozioni per la realizzazione del pane. Alla fine della mattinata regalavo delle pizzette e lo stesso pane. Che bei tempi. Sempre grazie al mio lavoro sono stato insignito di vari titoli. Andando per ordine: Grande Ufficiale, Cavaliere della Repubblica ed infine Commendatore. Mai potrò dimenticare un giorno speciale, quando, insieme all’ex sindaco di Ponderano Elena Chiorino, venne a farmi visita Emanuele Filiberto di Savoia. Provai una grande emozione».
Ora è in pensione. Cosa rimpiange del suo lavoro? Cosa le manca?
«Mi mancano i bambini, gli amici che venivano spesso a trovarmi, mi manca la quotidianità d’allora. Il mio mondo era tutto lì, nel forno di via Mazzini a Ponderano».
Ora che di tempo libero ne avrà tanto, come trascorre le sue giornate?
«Al mattino vado a prendere il caffè nel bar in piazza a Ponderano. Scambio quattro chiacchiere. Poi torno a casa. Purtroppo lo scorso anno è mancata mia moglie. Un mese dopo avremmo festeggiato 60 anni di matrimonio. A me è sprofondata la terra da sotto i piedi. Era tutta la mia vita. Non riesco a darmi pace. Per fortuna ho le mie figlie che con le loro famiglie mi stanno accanto».
Mauro Pollotti
paesi@nuovaprovincia.it
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