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D’in su le vette (della ciminiera antica)

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Fonzarelli di provincia

La prima pietra dello scandalo deve ancora essere posata, ma già se ne discute parecchio e da parecchio. Della superficie della Filatura Biellese, vecchio opificio dismesso e situato a cavallo del confine tra Biella e Gaglianico, se ne parla da più di una decina d’anni. Da sempre è chiaro, e legittimo, l’intento speculativo dell’attuale proprietà sempre a caccia di progetti redditizi.

Più di dieci anni fa ne aveva individuato uno nel progetto “Tera”, strano giano che presentava un’attività di oncologia pediatrica affiancata da una zona commerciale. Non se ne è mai capito molto, ma il progetto sfumò nello stesso fumo che aveva generato, non prima di qualche cambiamento di destinazione d’uso delle superfici da parte dell’allora gentile amministrazione comunale.

Fa specie che di questa cosa se ne discutesse e se ne discuta ora senza imbarazzo, visto che una dei soci dell’operazione è un ex vicesindaco di allora, consigliera comunale di maggioranza adesso. Qualche voce circolava anche su un allestimento di arte contemporanea promosso da un ormai defunto artista e commerciante d’arte locale, ma forse non c’era sufficiente trippa per gatti. Vai a sapere. Almeno, nell’ambito della nostra ruderologia industriale, era in vista una qualche operazione di recupero; più o meno discutibile, ma sempre meglio del solito inerte abbandono.

Se n’era riparlato anche un anno e mezzo fa, pure tra queste righe. Più che altro per certe dichiarazioni dell’assessora cittadina al commercio, che mostrava nostalgie adolescenziali rivendicando una discoteca a margine delle altre attività previste. E continua a farlo, con l’attitudine della puntina del giradischi su un vinile rovinato dal tempo. Evidenziando così la delirante progettualità di un’amministrazione buona solo a pensare a una discoteca, per risolvere il tema dell’aggregazione giovanile.

Il dibattito sui media tocca ora le Vette altissime, come il nome del neonascente centro commerciale suggerisce. Si percepisce un certo pudore nel definirlo così, ma come altro definire una superficie di 12mila metri quadri descritta dalla presenza non più di balle di filato, ma di ristoranti, negozi sportivi, negozi alimentari, multisala cinematografica? Business as usual.

Le critiche che si muovono in giro per la città vertono sullo scivolamento a Sud della stessa, sul disarmo del centro storico a favor di periferia, su temute concorrenze. Discussioni che ben vengano, visto che il riallestimento di un’area di queste dimensioni impatta notevolmente sul territorio e una certa salvaguardia dell’interesse collettivo è necessaria. A patto che siano ragionamenti con un fondamento e non alitate al vento dell’interesse personale, di categoria, della demagogia preelettorale.

Sullo scivolamento a Sud: dare continuità – e contiguità – all’asse tra Biella e Gaglianico non può far altro che rendere meno periferie quelle che ora così sono considerate; tra l’altro quella è la maggior direttrice che ci porta altrove e che porta a Biella chi ci vuole venire.

La retorica sui centri storici, invece, è argomento di conversazione un po’ ovunque: ci sono città in cui si rivalutano e altre in cui si svalutano. Ed è questo il nostro caso. Non è detto che sia necessariamente un male: nell’arco del tempo che passa, si è assistito spesso a cambi di paradigmi della vita sociale. Non è il caso di farne una questione sentimentale: in centro, mentre attendiamo il restyling di piazza Vittorio Veneto, ci teniamo ancora belli chiusi e inutili gli spazi che ospitavano l’Upim e la Standa. Storie aziendali di tempi ormai andati, coi relativi paradigmi.

Lo struscio non si fa più in via Italia, con affitti commerciali sempre alle stelle e vetrine vuote, ma sempre più si fa al Piazzo, centro storico più credibile e che gode di maggior fascino. Una volta stabilito che il commercio ha preso altre direzioni, forse varrebbe la pena di rivalutare il centro da un punto di vista residenziale. Ci vorrebbe un disegno strategico, che ne valuti l’impatto sociale. Ma è guerra persa, quella della progettualità sociale. L’unica che resiste è quella imprenditoriale, ovvero l’attesa speranzosa che qualche danaroso arrivi a investire.

Intanto quest’operazione potrebbe rivelare una città nuova, che bonifica una periferia e sposta il suo baricentro in un luogo di aggregazione quale si sta rivelando il borgo storico, uscendo dalla conflittuale dicotomia centro-periferia e mettendo semplicemente la città intera al centro, non solo la sua porzione nobile.

Per la nascita di una multisala c’è invece chi teme per la salute dei cinema locali che in qualche modo il centro lo animano. Quelli in città sono però gestiti da sempre in sostanziale monopolio: un po’ di concorrenza non può fare così male, può solo aumentare la qualità del servizio. Come sempre, di concorrenze e liberismi di maniera sono solo piene le chiacchiere.

Lele Ghisio

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1 Commento

1 Commento

  1. Ardmando

    20 Novembre 2023 at 8:08

    Finalmente! Dopo tanti “opinionisti” schierati con la nostalgia dei vecchi e del passato che non ritorna, ecco il sensato commento di Ghisio che mette nella giusta prospettiva quella che è una polemica sterile e inutile. La paura e la resistenza al cambiamento sono i mostri che hanno affossato Biella e che continuano a terrorizzare i deboli di cuore e quelli di strette vedute, incapaci di andare oltre la retorica de “il futuro distrugge il passato” ossia “via Italia muore”. Muore chi non reagisce e muove chi vive di speranze. Sono decenni che Biella vive di speranze, ora basta.

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