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“Dialoghi persiani”: oltre i confini con le poesie di Riccardo Tucci

Una nuova raccolta di componimenti del giovane autore biellese

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“Dialoghi persiani”: oltre i confini con le poesie di Riccardo Tucci. Un’esplorazione poetica che supera i confini geografici e culturali, dissolvendo le differenze di fronte ai grandi temi universali.

È questo il cuore di “Dialoghi persiani, alla ricerca di sohbat”, la nuova raccolta di poesie di Riccardo Tucci, pubblicata da Pagine Editore. Un “viaggio” che invita il lettore a scoprire non solo mondi lontani, ma anche gli spazi più profondi della propria interiorità.

“Dialoghi persiani”: oltre i confini con le poesie di Riccardo Tucci

Lei ha definito la sua una “poesia di formazione”. Cosa significa esattamente?

In questo testo, l’autore si pone come un personaggio di formazione. Attraverso la scrittura poetica esplora se stesso, dando vita a una trasformazione profonda.

Perché il titolo “Dialoghi persiani”?

Ho cercato nelle culture di tutto il mondo e di tutti i tempi degli intellettuali che riflettessero sulla possibilità di dialogo. La mia scelta alla fine è ricaduta su Rumi, poeta e teologo persiano del tredicesimo secolo, di religione musulmana. Ho riportato alcune sue parole nell’introduzione: “Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”. Una frase che indica apertura, volontà di confronto e ascolto, sospendendo il giudizio. Anche dove il dialogo sembra impossibile e dove ci sono divergenze, in realtà ci può essere uno spazio di confronto interculturale.

In che modo è possibile “accedere” a questo spazio?

Non è qualcosa di immediato. Tutti abbiamo pregiudizi, ma un lavoro di introspezione, studio e confronto – per l’autore quanto per il lettore – può aiutare a comprendere meglio se stessi e gli altri. Questo è il prerequisito fondamentale per un dialogo autentico.

Oltre a questo macro-tema, quali altri argomenti affronta nel libro?

Ho cercato di creare una raccolta più varia possibile per stili e contenuti. Il tema principale è l’amore, ma si parla anche di “virilità fragile” e fragilità in senso più generale. Esperienze di viaggio, immaginazione, desiderio di mettersi in mostra senza arte né parte, religione, tempo che passa, instabilità ed ebbrezza, alcolica ed emotiva.

Quanto tempo ci ha messo per scriverlo?

Alcuni testi che ho scritto risalgono a più di vent’anni fa. Ma tra questi solo uno è rimasto identico, gli altri sono cambiati, diventando spesso irriconoscibili. Ho aggiunto delle rime, una musicalità e poi ho fatto un lavoro di sintesi. In un paio di mesi ho confezionato tutto.

Tra quelle che ha scritto, qual è la sua poesia preferita?

Difficile scegliere, ma direi “Quasi”, perché l’amore è il tema più importante per me. Nello specifico questa poesia parla di un amore desiderato ma mai raggiunto, atteso con speranza, ma mai realizzato. Così come l’ho immaginato fino ad oggi.

Lei aveva già pubblicato altre raccolte. Come si è evoluta la sua poetica nel tempo?

Sono maturato molto. Oggi privilegio la comunicazione rispetto all’espressività. Il mio stile è diventato meno classicheggiante, più fresco e attuale. E in quest’ultimo libro ho costruito un impianto teorico originale. Mi ispiro ai classici, ma li rendo attuali attraverso una dialettica, un dialogo continuo con essi.

Perché, secondo lei, la poesia in Italia è ancora considerata di nicchia?

La poesia è ostica per due ragioni: il suo registro linguistico e la sensibilità e disposizione d’animo richiesta a chi legge e scrive. Viviamo in un’epoca in cui si tende a cercare una gratificazione immediata attraverso mezzi che sostituiscono il contatto diretto. Mentre la poesia richiede introspezione e ricerca, un lavoro che può essere scomodo, ma estremamente arricchente. Per riuscirci bisogna essere educati a farlo o creare le condizioni affinché ciò avvenga.

E lei come ha trovato queste condizioni?

Un po’ sono stato educato, un po’ le ho create io. Nella mia famiglia c’è una persona in particolare che è appassionata di poesia e ha incentivato questo mio interesse. Io crescendo ho deciso di assumermi l’impegno di coltivarlo. Di non lasciare questa passione alla mia gioventù, ma continuare a nutrirla anche alla soglia dei 40 anni. Perché sono convinto che quello che produca possa avere un impatto sociale. Il mio obiettivo è ambizioso. Non voglio arrivare a tutti, ma vorrei che il mio lavoro fosse significativo per chi lo legge e accetta di fare questo “viaggio” con me.
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