Attualità
Dal 2012 a oggi a Biella ha chiuso un negozio su quattro
Secondo Confcommercio la città ha perso il 27,3% degli esercizi, peggio di noi Novara e Vercelli.

Dal 2012 a oggi in città ha chiuso un negozio su quattro. Negli ultimi dodici anni, in Italia, sono spariti quasi 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante. In crescita le attività di alloggio e ristorazione (+18.500).
Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi, si registra una forte crescita di imprese straniere (+41,4%). Mentre quelle a titolarità italiana segnano solo un +3,1%. E del totale della nuova occupazione straniera (+397mila in 12 anni) il 39% si concentra nel commercio, nell’alloggio e nella ristorazione (+155mila). Nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, sia al Centro-Nord che nel Mezzogiorno.
Dal 2012 a oggi a Biella ha chiuso un negozio su quattro
Nei 122 comuni al centro dell’analisi sono spariti, negli ultimi 12 anni, quasi 31mila esercizi al dettaglio in sede fissa. Riduzione che si accompagna a quella degli sportelli bancari che tra il 2015 e il 2023 sono passati da 8.026 a 5.173 (-35,5%).
La classifica nazionale stilata da Confcommercio vede al 21esimo posto della graduatoria nazionale la città di Biella. Secondo l’indagine dell’associazione dei commercianti, nel periodo in esame il 27,3 per cento degli esercizi, in pratica un negozio su quattro, ha chiuso i battenti. In ambito regionale Biella comunque non detiene il record negativo, superata da Novara, prima con il 30% di chiusure, e da Vercelli con il 29,5%.
Mal comune mezzo gaudio? Non è così. Non può essere infatti di grande consolazione la circostanze che tutte le 122 città prese in considerazione hanno un saldo negativo. Vale a dire che in nessuna città c’è stato dal 2012 un saldo positivo.
Le regioni del Nord evidenziano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, mentre al Centro-Sud si registra una maggiore tenuta. Dei 122 comuni in esame, ai primi cinque posti si collocano Ancona (-34,7%), Gorizia (-34,2%), Pesaro (-32,4%), Varese (-31,7%) e Alessandria (-31,1%). Nelle ultime cinque posizioni i comuni che registrano la migliore tenuta sono Crotone (-6,9%), Frascati (-8,3%), Olbia (-8,6%), Andria (-10,3%), Palermo (-11,2%).
Desertificazione commerciale
La desertificazione commerciale continua, dunque, a rappresentare un elemento di depauperamento economico e sociale dei centri urbani Un fenomeno che, tenendo conto della riduzione degli sportelli bancari, rischia di trasformarsi in un vero e proprio declino delle città.
E’ un fenomeno che va contrastato con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività. E in questa direzione va il progetto Cities di Confcommercio che ha elaborato le prime proposte locali per la rigenerazione delle città.
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Ardmando
27 Marzo 2025 at 8:14
A buona parte della popolazione, specialmente quella sotto i 60 anni, interessa sempre meno il commercio fisico se non per cibo e bevande. Il Mondo si è evoluto e si è spinto in modo drastico verso il commercio elettronico, specialmente grazie alla pandemia che ha dato una spinta decisiva in tal senso. Il settore alimentare per ovvie ragioni non conosce la crisi, le persone in ogni caso rinunciano a tante cose ma non a mangiare e bere, nemmeno a farlo fuori casa. Quali sono le attività offline che resistono o che prosperano? Quelle di beni che difficilmente le persone comprano online. Basta guardarsi attorno e a prescindere che siano negozi in città o nei centri commerciali e vedere quali negozi chiudono e quali restano aperti o del cui genere si aggiungono nuovi negozi. Poi c’è il fattore delle attività che chiudono per raggiunti limiti di età del titolare e che non trovano un sostituto, perchè a tanti giovani di oggi non interessa lavorare “fisicamente”. Le attività di alloggio e ristorazione sono in crescita: turismo e alimentazione sono il traino dell’Italia. E’ inutile fare proclami contro il commercio elettronico senza bisogno di scomodare giganti come Amazon: resistere al progresso e al cambiamento significa estinguersi. Occorre adattarsi e sfruttare a proprio vantaggio i settori dove la richiesta di servizio è SEMPRE in crescita. Parlare di “boicottaggio” nei confronti dei giganti del commercio elettronico è ridicolo e utopistico. I commercianti pososno solo adattarsi o sparire. Purtroppo tanti preferiscono scaricare le colpe su chi anni fa ha costruito un modello di business vincente, girarsi su un fianco e morire. Le statistiche parlano chiaro e la realtà dei fatti. Adattarsi al cambiamento o estinguersi.
Bruno
27 Marzo 2025 at 9:47
anche il mondo di chi compra online sarà destinato a meno ordini co gli stipendi da fame e quando finiranno i soldini dei nonni che aiutano i cari nipoti viziati, e una politica che da anni non rivede un aumento degli stipendi ma solo l aumento delle tariffe luce gas benzina e propaganda per tagliare le accise saranno solo pochi che potranno acquistare anche on line non e adattandosi al cambiamento che si rinasce tutto e destinato ad estinguersi quando non ci sono politiche a lungo termine ma decreti a giorno per giorno senza un prospettiva per il futuro
Ardmando
28 Marzo 2025 at 9:42
I dati invece restituiscono una situazione completamente diversa. Agroalimentare in aumento, turismo in aumento, attività che chiudono e altre che aprono, comprese quelle di commercianti, artigiani e imprenditori che arrivano dall’estero e assumono personale italiano (e pagano le tasse in Italia). Il commercio online non conosce la crisi delle attività singole perchè può vantare di costi di gestione nettamente inferiori e produce comunque un indotto incredibile, sia per le aziende che vendono attraverso piattaforme digitai (non esiste solo Amazon a fare e-commerce) sia attraverso tutti i servizi di aziende italiane che collaborano (aziende di imballi, trasporti ad esempio e il loro indotto a cascata). Il cambiamento è inevitabile, è una legge di natura irresistibile ed è così da sempre. Resistere al cambiamento invece è da sempre la ricetta perfetta per l’estinzione. In natura tutto si adatta e anche l’uomo lo fa sin dalle sue origini, anche quelli che commentano credendo che tutto dipenda solo dalla politica (e anche quella si adatta eccome al cambiamento, altrimenti al potere ci sarebbero sempre gli stessi, invece i cittadini cambiano e si adattano anche li) e che adattarsi sia sbagliato. La pandemia che sembra lontana secoli ci ha imposto volenti o nolenti un cambiamento e ci siamo adattati, tanti li hanno fatto anche senza rendersene conto, eppure…
I dati parlano chiaro e solo chi sarà abbracciare il cambiamento e vedere nuove opportunità dove altri vedono solo disagio saprà sopravvivere e prosperare. L’Italia va molto meglio di quello che la stampa asservita faccia credere (seguendo un piano ben preciso in tal senso) e stiamo meglio di tanti nostri “concittadini” europei, con una grossa differenza: all’estero, in Francia dove stanno peggio di noi, quando le cose non vanno scendono in piazza in massa tutti a prescindere dal colore politico e protestano anche in modo molto deciso per settimane o mesi. Qui in Italia si radunano quattro gatti dei soliti partiti per protestare su temi gender, palestina, patriarcato, pronomi da usare parlando col prossimo e quale cognome dare ai figli.
QUESTA è la grossa differenza e questo sta a significare che in fondo in fondo in Italia si sta alla grande. Perchè? Perchè gli italiani (dati storici alla mano) sono CAMPIONI MONDIALI di adattabilità, perchè nessun popolo ne ha passate quante ne abbiamo passate noi, eppure siamo ancora qui.
Bruno
28 Marzo 2025 at 18:44
basta fare due passi per via Italia per vedere le attività che aprono e quanti non riescono ad arrivare a fine mese …ma va tutto bene continuate a comperare su Amazon per arricchire le multinazionali fate bene
Ardmando
28 Marzo 2025 at 21:55
Si chiama accanimento terapeutico, per tentare di salvare ciò che non è salvabile. Non si può combattere contro certe realtà o si fa la fine di Don Chisciotte. C’è chi lo capisce e si adatta e chi no e si estingue. Non verserò mai una lacrima per chi preferisce piangersi addosso.