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Come parlano i ragazzi? Ce lo spiega Cecilia

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Quando senti parlare gli adolescenti e i giovanissimi ti sembra di avere a che fare con gli alieni? Bene, ma non benissimo.

Quando senti parlare gli adolescenti e i giovanissimi ti sembra di avere a che fare con gli alieni? Bene, ma non benissimo. Sei uno sfiz, ma vai tra’, non sbiellare. Easy. La parola “sbocciare” ti fa pensare a prati verdi ricoperti di fiori? No, vabbè. Allora ciaone proprio. Maina, mai ‘na gioia. Ancora vi state chiedendo cosa diavolo stiamo scrivendo? Niente paura, è normale. Siete ancora in tempo. D’ora in poi una persona ci prenderà per mano e, passo dopo passo, ci insegnerà come parlano e si esprimono i giovani nati all’ombra del Mucrone. Da mercoledì la Nuova Provincia di Biella ospiterà settimanalmente la rubrica  “Si sbiella”, curata da Cecilia Sacco. Ogni volta proporrà e analizzerà un lemma, spiegando come è nato e contestualizzandolo in una frase o espressione che si usa ancora adesso.
Nata 23 anni fa a Biella e cresciuta a Tollegno, Cecilia ci racconterà lo slang giovanile dei biellesi e la sua evoluzione negli ultimi anni. Sarà anche un modo per provare a capire e a conoscere più da vicino le nuove generazioni. Studentessa universitaria, attualmente frequenta il corso di Lingue per la Comunicazione internazionale all’Università di Torino, ma  a questo argomento ha dedicato la propria tesi di laurea in Scienze della Mediazione Linguistica: “Sbiellare per un buty: studio sul linguaggio giovanile biellese”. «L’idea per la tesi – racconta – nasce dal relatore, il professor Luca Bellone, che sta portando avanti un progetto sul linguaggio giovanile a livello torinese e piemontese, per arrivare in futuro a creare un vero e proprio dizionario. Mi ha proposto lo studio del linguaggio giovanile a livello biellese».
Nell’ottobre dello scorso anno, Sacco ha quindi avviato un lavoro di indagine e ricerca, con tanto di questionari proposti agli studenti di varie classi dello Scientifico, del Bona e dell’Iti. L’obiettivo: indagare come parlano oggi i giovani. «E’ emerso che il linguaggio giovanile è in continua evoluzione. Si tratta di uno studio difficilissimo da fare perché già nel giro di due mesi i dati possono cambiare parecchio. Diciamo che la mia è la fotografia della situazione “scattata” tra il 2015 e il 2016».
Un’evoluzione dettata parecchio dalle nuove tecnologie e dalle metropoli vicine a noi: «In generale – prosegue Cecilia – tanti modi di dire nascono tra i banchi di scuola, ma buona parte arriva ormai dai social network. Per quanto riguarda Biella, nello specifico, il nostro linguaggio giovanile spesso si caratterizza come un misto tra quello torinese e quello milanese. I ragazzi della “piccola” città tendono inconsciamente a ispirarsi a quelli delle realtà più grandi».
Resta immutato, invece, il contributo che arriva dalla musica: «Il successo di almeno cinque delle parole analizzate ad esempio – conferma – deriva dall’uso che ne ha fatto il gruppo “Il pagante”. Parole come easy, sbocciare, balza, bella e bomber. Si può trattare di termini che magari esistono da una vita, come bomber, e che vengono ripresi e rilanciati dalle canzoni».
A proposito di quest’ultima parola, nel suo lavoro Cecilia analizza anche un fenomeno nato nel Biellese ed esploso a livello nazionale, quello del tormentone “che fatica la vita da bomber”. «In effetti ho approfondito il discorso dei ragazzi del “The Two shop”. Il loro slogan ha avuto grandissimo successo, ma in pochi sanno com’è nato».
Cecilia ci svelerà parecchi aspetti interessanti, ad esempio che i giovani biellesi, a differenza dei coetanei del centro e sud Italia, ormai hanno dimenticato il dialetto. In compenso hanno interiorizzato parecchi “forestierismi”: «Vengono usati – spiega – spesso, ormai non ci si rende nemmeno più conto che si tratta di “forestierismi”. Sai che è un termine inglese, ma lo usi tranquillamente parlando italiano. È il caso di parole come easy, after, bff, bro, bastard inside, flashato, fly down, friendzone, hang over, hipster, milf, lol, nerd, spoiler, swag, big money. Discorso simile vale per i termini mutuati dal linguaggio informatico: craccare, shazamare, googlare…».
Poi ci sono invece parole e termini tipici della nostra città, come quelli derivati da alcune espressioni usate al Villaggio Lamarmora, come tumali (sigaretta) e pagnalè (polizia).
Sempre meno incisiva, invece, l’influenza della televisione: «Sono pochissimi quelli che guardano regolarmente la Tv, sono sempre meno. Tuttavia qualche dato proviene ancora da lì, come il celebre “no, va beh io esco” di Tina Cipollari».
E il linguaggio giovanile di genitori, zii e fratelli maggiori, che fine ha fatto? Smarrito per sempre e soppiantato dai neologismi di oggi? In realtà… a volte ritornano.
«Alcuni vocaboli si perdono, altri tornano dopo lunghi periodi di assenza e altri ancora passano indenni da una generazione all’altra o magari acquistano anche nuovi significati. “Timbrare”, ad esempio, veniva usato dagli attuali cinquantenni con il significato di fare sesso. Finito in disuso, è riapparso nel primo decennio del secolo. Oggi viene utilizzato sempre con lo stesso senso, ma ha subito un’ulteriore evoluzione. I giovanissimi, infatti, usano il verbo timbrare anche per dire “andare in discoteca”. Questo perché uno dei locali notturni più in voga al momento si chiama “Fabbrica dell’oro” e timbrare è il gesto tipico del dipendente che entra in fabbrica».

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