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Biella ingrata, Re Luigi già dimenticato dopo solo due anni

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Tutti andavamo in pellegrinaggio da “Re Luigi”, per un’intervista, un finanziamento, un posto di lavoro o un aiuto per qualche progetto. Ora però nessuno pare ricordarsi dell’avvocato Luigi Squillario, sindaco democristiano della città e presidente quasi a vita della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, forziere del territorio sostenuto in tutte le sue sfaccettature: dai restauri del santuario di Oropa, alla banda musicale del più piccolo paesino.

Appena insediato il direttore dell’Unione industriale Corcione aveva definito l’opera di Squillario “uno sparmigianare” le risorse finanziarie. Difficile dire se la sua visione di appoggio e di sostegno quasi a chiunque fosse lungimiranza o meno. Certo, a distanza di due anni dalla morte, di figure così alte non se ne vede neanche l’ombra nella classe dirigente del territorio, anche se ovviamente anche lui aveva commesso degli errori e si era fidato di qualche uomo sbagliato nell’inevitabile logica delle deleghe nell’amministrare il potere con la maiuscola. Un gigante, comunque, cui il territorio deve molto: la visione della provincia indipendente da Vercelli, l’aeroporto per vincere l’isolamento, Città Studi per i giovani, il nuovo ospedale e altro ancora.

Eppure, a distanza di due anni, niente e nessuno ricorda la memoria di Luigi Squillario. Unica segnalazione: una borsa di studio per studenti meritevoli portata avanti dalla Fondazione. Tutto qui. Nulla di pubblico, condiviso e trasversale tra forze politiche e sociali. Non una intitolazione, un monumento, un’iniziativa culturale che si colleghi al territorio e alla sua storia.

Eppure la sua stanza in via Gramsci era un via vai continuo di persone che andavano a chiedere soldi e consigli quando era in vita, dal mattino alla sera. Un pellegrinaggio. La sua figura negli anni era infatti diventava sempre più simile a quella di un “grande vecchio”, sopravvissuto agli attentati terroristici negli anni Settanta, alle inchieste di Mani Pulite che avevano travolto il suo partito a tutti i livelli e soprattutto alle sfide del tempo.

Un gigante, dunque. Cui la fotografia pubblicata dalla figlia Attilia, sui social, restituisce un’immagine inedita e commovente. C’è infatti un avvocato Squillario scamiciato che salta da una roccia all’altra in qualche corso d’acqua, giovanissimo, sorridente, come un qualunque padre di famiglia in vacanza. Invece lui era il “primo cittadino” che accolse Papa Giovanni Paolo II davanti ai cancelli del santuario mariano.
Di fronte al deserto dei rappresentanti pubblici attuali, un profilo quasi mitico, imbarazzante al confronto, per divario culturale, morale e umano.

Certo l’Avvocato governava come un monarca un territorio ricchissimo, sia per la forza delle aziende tessili sia per la cospicua disponibilità economica degli enti pubblici e poi della Fondazione. Ma a contraddistinguerlo davvero erano lo stile e la visione del futuro. Un po’ come le fotografie di Aldo Moro in spiaggia, cercate su Google, con giacca e cravatta, messa al confronto con chi bazzica il “Papeete” o altri posti simili ricoprendo cariche pubbliche. Questione di stile.

Anche quando da anziano i problemi alla vista divennero gravi, l’Avvocato sapeva guardare e vedere lontano. Una qualità rara.
Forse dovremmo ricordarcelo e soprattutto ricordarlo, meglio.
Paolo La Bua

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