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Cronaca

Sacerdote biellese condannato a nove anni per pedofilia

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Nel marzo 2013 è stato condannato in Brasile a nove anni di reclusione per aver abusato sessualmente, per tre lunghi anni a partire dal 1993, di una bambina di nove. Oggi, invece di essere rinchiuso in un carcere sudamericano per scontare la condanna, venuta meno solamente per la prescrizione, continua a svolgere la sua missione sacerdotale nel Biellese. Prete a tutti gli effetti. Fino a poco tempo dava un aiuto nelle parrocchie della zona di Mosso.

Nel marzo 2013 è stato condannato in Brasile a nove anni di reclusione per aver abusato sessualmente, per tre lunghi anni a partire dal 1993, di una bambina di nove. Oggi, invece di essere rinchiuso in un carcere sudamericano per scontare la condanna, venuta meno solamente per la prescrizione, continua a svolgere la sua missione sacerdotale nel Biellese. Prete a tutti gli effetti. Fino a poco tempo dava un aiuto nelle parrocchie della zona di Mosso.

E’ questa la parabola di don Piergiorgio Albertini, 76 anni, nato in Svizzera, da famiglia biellese. La sua vicenda sta venendo a galla grazie a un altro sacerdote della diocesi, don Andrea Giordano, che l’ha raccontata – scandalizzato – nel suo blog chiesacontrocorrente.it. sollecitando l’intervento delle gerarchie ecclesiastiche per un definitivo allontanamento del soggetto. http://www.chiesacontrocorrente.it/news/come-a-boston/

La storia è narrata senza riferire il nome dell’interessato ma gli elementi forniti hanno portato in breve un altro “blogger” biellese, l’ambientalista Daniele Gamba, all’identificazione del personaggio.  http://arcangelo-gamaz.blogspot.it/2016/05/larcangelo-23-16-garantismo-diocesano.html Secondo le cronache  brasiliane don Piergiorgio Albertini, conosciuto dagli indigeni come padre George, è stato il primo sacerdote condannato per pedofilia nella storia giudiziaria dell’Amazzonia. Residente nel comune di Borba dov’era stato inviato in missione, secondo quanto stabilito dal giustizia sudamericana l’uomo avrebbe approfittato sessualmente di una bambina (tralasciamo i particolari veramente scabrosi). Ci sarebbero state violenze anche nei confronti di altri minori, episodi avvenuti, come hanno accertato le indagini della polizia brasiliana, nel rettorato di Cristo Re, sempre a Borba, situata a 150 chilometri dalla capitale dell’Amazzonia, Manaus. Questo genere di fatti si sarebbero protratti per almeno tre anni.

La vicenda è venuta a galla nel 2003 quando una delle vittima, diventata adulta, si è rivolta al “Conselho Tutelar” (paragonabile ai nostri centri d’aiuto). Tra l’altro, la ragazza avrebbe riferito che, una volta iniziate le indagini, il sacerdote avrebbe offerto a lei e al rappresentante dell’organismo  una casa e una moto per ritirare le accuse. Come si è detto, il processo invece è andato avanti fino alla condanna emessa il 26 febbraio 2013 dal giudice Eliezer Fernandes Júnior. Se don Albertini si è salvato dal carcere è stato solamente perchè la Primeira Câmara Criminal do Tribunal de Justiça do Amazonas ha dichiarato prescritto il reato essendo avvenuto vent’anni prima. Da ricordare che nel 2010 era stato assolto dall’accusa di abuso sessuale e stupro nei confronti di un’adolescente che all’epoca dei fatti, nel 2004, aveva 14 anni. Riottenuto così il passaporto che gli era stato immediatamente  sequestrato, don Piergiorgio Albertini ha potuto far rientro in Italia e nel Biellese.

Ma nell’era di internet far perdere le proprie tracce è praticamente impossibile, ancor più considerando il fatto che la sua vicenda aveva suscitato l’interesse degli organi di informazione nazionali. E così don Andrea Giordano e poi Daniele Gamba hanno riportato a galla questa storia triste, molto triste.

A questo punto c’è solamente da capire come si muoverà la chiesa locale. Una volta che la vicenda è di dominio pubblico  niente e nessuno può trincerarsi dietro l’ormai celebre frase “tutto è avvenuto a mia insaputa”. La storia di don Piergiorgio Albertini, prete missionario inviato in Brasile per salvare gli indios, rientrato a casa con addosso la più infamante delle accuse, è tutt’altro che giunta all’epilogo.

Walter Leotta 

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