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Tutti licenziati i 22 dipendenti di una cooperativa

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Si è conclusa nel peggiore dei modi l’avventura professionale dei 22 dipendenti (più quattro esterni) della coop Bios che da anni si occupava dei pazienti della ex casa di riposo di Bioglio, sistemati da ultimo negli spazi nel reparto di lungodegenza all’interno del nuovo ospedale.

Si è conclusa nel peggiore dei modi l’avventura professionale dei 22 dipendenti (più quattro esterni) della coop Bios che da anni si occupava dei pazienti della ex casa di riposo di Bioglio, sistemati da ultimo negli spazi nel reparto di lungodegenza all’interno del nuovo ospedale. Il primo gruppo di lavoratori è stato licenziato il 31 marzo, il secondo, e ultimo, il 15 aprile, ovvero venerdì scorso. Gli otto mesi trascorsi – il loro caso era venuto a galla nell’estate del 2015 – in incontri, riunioni in Regione e sul territorio, non hanno portato a nulla. Come spesso accade gli attestati di stima e incoraggiamento da parte delle autorità pubbliche non hanno portato da nessuna parte.

L’epilogo della storia della coop Bios  ha inizio nell’agosto dello scorso anno quando l’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte decide di ricollocare gli ospiti di Bioglio in due strutture private, la clinica Vialarda di Biella e la casa di cura San Giorgio di Viverone. Un passaggio giustificato dalla politica di risparmi ma che non tiene minimamente conto della sorte dei lavoratori in quanto le due istituzioni subentranti si dichiarano nell’impossibilità di procedere a nuove assunzioni, essendo in grado di svolgere i nuovi servizi con proprio personale. Nel decreto regionale viene anche indicata formalizzata la data del passaggio, ovvero il 31 dicembre.

Il destino dei 22 dipendenti diventa immediatamente di dominio pubblico e i rappresentanti dei lavoratori ottengono in breve un incontro con l’assessore regionale Antonino Saitta per vedere di trovare una soluzione meno traumatica del licenziamento tout court. Nel frattempo anche gli enti locali si mobilitano con attestazioni di stima e solidarietà.

Nelle settimane successive, in effetti, prendono piede due proposte concrete. La prima è dell’istituto Cerino Zegna di Occhieppo Inferiore che nell’ambito di un progetto di aumento della capienza dei propri posti letto si dichiara disponibile ad assorbire il personale, o parte di esso, della cooperativa, il secondo invece è della stessa San Giorgio intenzionata ad aprire un reparto destinato ai minori con problemi psichiatrici, struttura di cui il Piemonte è privo. Mettendo da parte la reale fattibilità delle soluzioni prospettate, iI problema è che ambedue le ipotesi devono obbligatoriamente ottenere il nullaosta regionale ma Torino non risponde.

Così, mentre i pazienti di Bioglio abbandonano gli ampi spazi del nuovo ospedale, per i 22 dipendenti arriva il momento peggiore, ovvero la perdita dell’impiego senza alcuna possibilità di reintegro.

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