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“Fermate il pirogassificatore”

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Il progetto dell’impianto di pirolisi di biomasse legnosa approvato ad Andorno con una procedura inadeguata, in difetto rispetto alle previsioni di PRGC e con una sostanziale esclusione della cittadinanza nella condivisione degli indirizzi energetici/emissivi deve essere fermato o ritirato. Tale richiesta deve essere però avanzata con il principale obbiettivo di avviare una pianificazione energetica di area condivisa e orientata alla riduzione delle fonti emissive tutte (elevati standard edilizi, differenziata all’80%, teleriscaldamento ove possibile, solare su edifici industriali, efficienza del trasporto collettivo, ecc.). In assenza di questa prospettiva la singola battaglia del pirogassificatore di Andorno può essere vinta come già quella condotta per Fenice ma, senza alcuna reale ricaduta in termini di cambiamento culturale e delle scelte amministrative in tema di energia ed emissioni, ovvero perdendo la guerra.

Egr. Direttore,
la vicenda “Pirogassificatore di Adorno” è, ad avviso di questa associazione, emblematica. Popolazione e le stesse forze politiche amministrative si sono come svegliate da un brutto sonno, scoprendo all’improvviso gli effetti combinati di diversi fattori:
1) carenza nella pianificazione (energetica, urbanistica, forestale)
2) assenza di scelte ponderate e condivise con la cittadinanza (informazione e partecipazione)
3) procedure autorizzative estremamente semplificate (superficialità, sottovalutazione delle
problematiche, ecc.)
4) normativa ed incentivi inadeguati o abnormi (si promuovono fonti alternative ponendo in
secondo ordine altri pubblici interessi e gli impatti).

Nel suo piccolo anche Adorno sta sperimentando i progetti “calati dall’alto”, siano questi ritenuti “piccoli” (come ad esempio a Vigliano la cogenerazione con olio di colza o gli impianti idroelettrici nei Parchi e nei SIC) o “grandi opere” (la diga in Valsessera, la pedemontana, le cave in Valledora o la TAV).

Nel cammino di opposizione ad un impianto urbanisticamente inidoneo, privo di filiera certa, tecnologicamente e ambientalmente discutibile i comitati che si sono costituiti ad Andorno sono di fronte ad un rischio: condurre la protesta e le sue ragioni nell’ambito del cosiddetto NIMBY, non nel mio giardino.

Legambiente, associazione caratterizzata da un ambientalismo scientifico (1), da sempre aiuta, sostiene ed allo stesso tempo sollecita i molti comitati locali affinché le ragioni delle loro battaglie non si autocircoscrivano in tale ambito ma abbiano carattere e riconoscimento generale.

Nel merito.
Legambiente è impegnata da alcuni anni nel progetto “Bio-gas fatto bene” volto a migliorare la filiera del bio-gas. I nodi salienti del progetto sono:
1) pianificazione energetica di area
2) il maggior ricorso a biomasse secondarie al fine di ridurre le coltivazioni dedicate
3) la filiera corta e dunque a impianti con taglia configurata, fattibile, a quanto il territorio può effettivamente conferire riducendo i costi energetici di produzione
4) l’upgrading del bio-gas a bio-metano, tramite adeguata raffinazione (è definito un preciso
standard che equipara il bio-metano al metano fossile)
5) immissione del bio-metano nella rete nazionale o per autotrazione

Uno degli obbiettivi di “Bio-gas fatto bene” è infatti quello di separare, tra loro, gli impianti di produzione del bio-gas da quelli necessari alla produzione energetica, quest’ultima da condursi con i generatori già esistenti e collegati ai metanodotti. Tale modalità operativa consente maggiori elasticità nell’uso della risorsa e meno problemi ambientali.

Relativamente allo sfruttamento della biomasse legnosa Legambiente ha sempre avanzato severe perplessità sulla tanto magnificata disponibilità di risorsa (in valore assoluto e pro-capite), la scarsa convenienza nel ridurre la funzione di sottrazione di CO2 e la negativa incidenza sulla qualità dell’aria data dalla combustione. Meglio un approccio più cauto, con quantitativi estratti limitati e rotazioni non esasperate (si tenga conto che nel biellese vi sono già altri impianti – Pellerey a Cossato, un Pirogassificatore a Borgosesia – e consumi domestici importanti)

La scelta di una capacità produttiva di 850 kW, calibrata al pieno sfruttamento della risorsa boschiva disponibile nel Biellese, anziché i 240 kW inizialmente proposti è pertanto incondivisibile, ingiustificata e aggravata dall’assenza dei requisiti minimi per l’avvio di una filiera legno locale (i consorzi sono solo una ipotesi, ancora molto vaga).

Relativamente agli aspetti tecnici è innegabile che lo sforzo tecnologico volto a risolvere i problemi della combustione di sostanze organiche (miglioramento della resa energetica e riduzioni delle emissioni) ha individuato nella ossidazione, pirolisi e gassificazione delle biomasse legnosa (ed anche del carbone) la strada da percorrere. La scelta e gestione di questa tecnologia però, anche nel caso di materiale omogeneo (sole biomasse legnosa), non è esente da problemi (in particolare la gestione del ciclo e la filtrazione delle impurità presenti nel syn-gas, i residue catramosi, ecc.), impatti e controindicazioni (vedasi in questi giorni la fase di avvio del pirogassificatore di Borgosesia).

A differenza del bio-gas il syn-gas prodotto (gas sintetico) non si presta alla raffinazione della quota di bio-metano (in percentuale molto ridotta) per la eventuale immissione in rete e produzione di energia decentrata. L’impianto di Adorno produrrà un syn-gas che, previa purificazione, alimenterà un co-generatore elettrotermico. La quota termica è destinata alla essiccazione del materiale cippato, ovvero è in parte funzionale al processo produttivo (riduzione di umidità del materiale convogliato nel reattore e riscaldamento del reattore stesso), fatto quest’ultimo che riduce il rendimento effettivo totale.

Va osservato che nel caso di Andorno la caratterista di auto-consumo della quota calore consentiva, a differenza di altri impianti di cogenerazione, la piena de-localizzazione rispetto alle aree urbane. In taln senso Legambiente condivide ed approva la scelta dei Comitati di avviare il contenzioso per quanto concerne gli aspetti di PRGC.

In relazione alle emissioni in aumento rispetto al quadro esistente è difficile valutare nella autorizzazione
la violazione di disposizioni normative ma, semmai, molta sufficienza. Legambiente ritiene infatti, sebbene l’impianto sia di piccola taglia ed esente da procedura VIA, che siano necessari non solo maggiori approfondimenti ma scelte largamente condivise in quanto la localizzazione degli impianti energetici non è stata oggetto di puntuale trattazione in sede di VAS e tanto meno di specifica individuazione delle aree idonee in sede di PRGC.

In questa direzione suggerisce, questa è la esperienza maturata in altre circostanze, di ricorrere alle argomentazioni epidemiologiche per pianificare, ovvero scegliere, in ragione degli approcci cautelativi ritenuti più idonei, quale tipologia e in quali aree localizzare impianti che comportano trattamenti termici ed emissioni (industriali, energetiche, smaltimento, ecc.). L’epidemiologia “in piazza” aiuta sicuramente a raccogliere consensi in qualsiasi causa (con qualche rischio di un suo uso strumentale) ma non è sufficiente né per opporsi né per cambiare paradigma: ai tavoli tecnici o nei ricorsi amministrativi le argomentazioni epidemiologiche sfumano sovente tra le concause a-specifiche (troppe sono le fonti emissive per attribuirne ad una sola la causa di tutti i mali). Per contenere le emissioni inquinanti in aria occorrono ed hanno più efficacia le politiche (anche urbanistiche-edilizie) che sanno definire indirizzi ed azioni.

Legambiente richiama inoltre la necessità di valutare le proposte progettuali non solo nel loro aspetto tecnologico ma anche esaminando il completo ciclo di vita del processo (metodologia LCA Life Cicle Assessment) e, nel caso di Andorno, considerando attentamente il bilancio energetico, quanta energia ottengo e quanta ne consumo. Peraltro le fonti rinnovabili, seppur pregiate ed incentivate, non escludono la necessita di valutazione in termini di efficienza energetica ed impatti (al riguardo di quest’ultima è sempre auspicata, ma mai messi in pratica, l’analisi dei costi ambientali con la metodologia PES, Payments for Ecosystem Services).

In conclusione: il progetto dell’impianto di pirolisi di biomasse legnosa approvato ad Andorno con una procedura inadeguata, in difetto rispetto alle previsioni di PRGC e con una sostanziale esclusione della cittadinanza nella condivisione degli indirizzi energetici/emissivi deve essere fermato o ritirato. Tale richiesta deve essere però avanzata con il principale obbiettivo di avviare una pianificazione energetica di area condivisa e orientata alla riduzione delle fonti emissive tutte (elevati standard edilizi, differenziata all’80%, teleriscaldamento ove possibile, solare su edifici industriali, efficienza del trasporto collettivo, ecc.). In assenza di questa prospettiva la singola battaglia del pirogassificatore di Andorno può essere vinta come già quella condotta per Fenice ma, senza alcuna reale ricaduta in termini di cambiamento culturale e delle scelte amministrative in tema di energia ed emissioni, ovvero perdendo la guerra.

Legambiente Circolo di Biella “Tavo Burat”

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