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Burcina, Ronzani attacca il presidente Avogadro

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Fa riflettere la rinuncia ad occuparsi dei problemi che sono stati denunciati. Se egli, assumendo un ruolo assai poco istituzionale, si limita a considerare strumentali le critiche e le denunce, la situazione è destinata ad aggravarsi

Confesso di essere stato colpito dal tono e dagli argomenti proposti dal Presidente dell’Ente di Gestione delle Riserve Pedemontane e Terre d’Acqua, Paolo Avogadro, (sulla cui nomina stendo un velo pietoso), nella sua in risposta alle questioni che ho posto, la settimana scorsa, al Direttore dell’Assessorato competente in materia di ambiente e parchi, sulla situazione della Burcina.

Il signor Avogadro mi accusa di svolgere con poca serietà la mia funzione istituzionale perché ho dato l’assenso a pubblicare la mia lettera al Direttore regionale all’Ambiente sulla pagina facebook del Gruppo SOS Burcina; usa, poi, parole dure contro lo stesso gruppo, accusandolo di essere una “pletora inconcludente”. Forse il signor Avogadro non sa che quel gruppo ha raccolto le ansie di molti semplici cittadini, preoccupati per la sorte ed il futuro del Giardino Botanico della Burcina; cittadini per i quali il Presidente di un Ente pubblico dovrebbe avere, senza ombra di dubbio, più rispetto e considerazione.

Il Presidente Avogadro rinfaccia alla Giunta Bresso (e all’Assessore De Ruggiero) la responsabilità di aver approvato una “legge non buona”, che sarebbe tra le cause profonde del degrado in cui versa oggi il Parco della Burcina. Si metta l’anima in pace: se si riferisce alla legge n. 19 del 2009, che ha definito la modalità di gestione delle Aree Protette, individuando funzioni, compiti e dimensioni degli Enti di Gestione, allora sappia – ma lui lo sa perfettamente – che la legge del centrosinistra aveva istituito l’Area protetta delle Baragge Biellesi e Vercellesi, che aveva l’onere di gestire solo la Riserva Speciale della Bessa, quella delle Baragge ed il Parco della Burcina: con la legge n. 16 del 2011, però, la nuova Giunta di centrodestra, presieduta da Cota, è intervenuta sugli Enti di Gestione riducendoli in numero ed ingrandendoli, non per rendere più efficiente e meno dispersivo il sistema, ma per ridurre le fonti di spesa regionale e preparare, dunque, i parchi e le riserve a minori trasferimenti. L’Ente di Gestione delle Riserve Pedemontane e Terre d’Acqua ha oggi in dotazione numerosi parchi tra loro assai diversi e quello della Burcina, in quanto giardino botanico e non baraggia, né garzaia, né palude (e, quindi, particolarmente differente dagli altri numerosi parchi afferenti all’Ente delle Riserve Pedemontane) necessita senza dubbio di competenze, di risorse, ma anche di un’attenzione e di una programmazione specifiche, nonché di investimenti peculiari. Per esempio, mi risulta che a questo proposito, il Comitato Tecnico Scientifico, istituito dall’Ente di Gestione e composto da volontari esperti del settore, abbia depositato, prima delle vacanze estive, un progetto di recupero e valorizzazione del Parco da spalmare in tre anni: un progetto che non è ancora stato preso in considerazione. Viene da chiedersi per quale ragione.

Aggiungo che, in questa situazione, le dimensioni dell’Ente e la gestione dello stesso, che non può essere imputata alla Regione, ha finito per penalizzare la Burcina, che, nell’economia degli interventi e della stessa utilizzazione del personale, benchè insufficiente, non è stata considerata una priorità.

Da qui la mia sollecitazione, che ho sottoposto alla valutazione del Direttore dell’Ambiente – e non certo al Signor Avogadro, al quale non riconosco alcuna competenza specifica in materia – di verificare se, alla luce dell’esperienza, dato che la legge n. 19 del 2009 è stata modificata più volte, e non dal centrosinistra, non si debba prendere in considerazione la possibilità di assicurare al Parco una gestione autonoma. A richiederlo sono non tanto gli amministratori ed i politici, ma gli esperti e coloro che hanno un’esatta cognizione di ciò che la Burcina rappresenta per il Biellese, essendo evidente che ricondurre la gestione di un Parco che ha forti specificità nel calderone generale delle Riserve Pedemontane e Terre d’Acqua (tanto più in una fase di contenimento e riduzione delle risorse) rischia di assegnare alla Burcina un ruolo del tutto marginale.

Ciò che fa riflettere, nell’intervento del Presidente Avogadro, è la rinuncia ad occuparsi dei problemi che sono stati denunciati, nei giorni scorsi, dai cittadini sui giornali locali e sui social network. Ma è del tutto evidente che, se egli, assumendo un ruolo assai poco istituzionale, si limita a considerare strumentali le critiche e le denunce che sono state manifestate, anziché adoperarsi per affrontare i problemi posti, intervenendo affinchè l’Ente affronti diversamente la “questione Burcina”, questi ultimi sono destinati ad aggravarsi.

E’ vero: le risorse che la Regione ha trasferito negli ultimi anni alle Riserve e ai Parchi sono venute via via assottigliandosi, e sarà mia cura far avere al Presidente dell’Ente di Gestione le proposte che il nostro Gruppo ha fatto durante le discussioni sulle leggi Finanziaria e di Bilancio, ma anche i resoconti degli interventi degli Assessori di centrodestra che via via si sono succeduti in questa legislatura.

Leggendoli, potrà misurare la coerenza degli uni e l’incoerenza degli altri.

Ma, forse, è pretendere troppo, visto che egli deve la sua nomina soltanto a ragioni politiche, essendo stata la stessa la diretta conseguenza, come abbiamo documentato in una discussione svoltasi in aula, di una logica spartitoria.

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