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Gli Sbiellati

Paradossi temporali biellesi

Gli Sbiellati: Una rubrica per tentare di guardarci allo specchio e non piacerci

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Fonzarelli di provincia

BIELLA – Il tempo e i suoi paradossi ne generano altri, quasi senza farsene accorgere. Il paradosso temporale, secondo il quale non è oggettivamente possibile cambiare il passato, ci induce a sperare in un multiverso. Per cambiare almeno qualche dimensione parallela, se non la nostra. Capisco che queste siano riflessioni buone per portatori sani d’insonnia.

E quindi sognatori a occhi aperti, ma capita di farle anche leggendo i giornali locali.

Un bisettimanale nostrano, per lanciare il proprio panino in edicola con un prestigioso quotidiano nazionale, ha organizzato in relativa presenza un convegno titolato “Recovery fund, passaporto per il futuro del territorio”. Un titolo che, con tutta probabilità, sarebbe stato buono per un convegno del genere un po’ ovunque, dati i tempi che corrono e corrono veloci. Parlare di futuro è sempre stata l’ansia di un presente che non ci piace molto, una frazione di tempo da far passare in fretta a parole. O, quantomeno, d’immaginarlo migliore di quel che sarà almeno con quelle, se non con la realtà che prima o poi verrà a conclamarsi, invecchiando il futuro stesso e derubricandolo a presente in un ciclo che si presume eterno.

Di solito convegni come questo non servono ad altro che compiacere i convitati e ciò che rappresentano, senza rilasciare mai provvedimenti concreti, o aver fantasticato chissà quale mirabolanti soluzioni che non siano banalità riciclate e proposizioni già sentite altrove, ormai entrate nel linguaggio corrente di questa tipologia di pubbliche relazioni.

Certo non è stato il primo e non sarà certo l’ultimo convegno con queste caratteristiche e questa platea di “amministratori locali, imprenditori, professionisti, rappresentanti delle forze politiche e delle associazioni di categoria”. Queste iniziative, salvo rarissime eccezioni, condividono un’assenza di prospettive e un approccio standard vetusto, parente stretto della noia profonda buona anch’essa per i portatori sani d’insonnia che abbiamo già tirato in ballo.

Per entrare un minimo nel merito, si è parlato – citando le cronache – della possibilità di attrarre nuovi residenti: un ritornello stanco, che ci sentiamo ripetere ciclicamente, quando in realtà la fuga dal territorio è ormai un dato consolidato. E di natura, benessere e grande tradizione tessile quali fattori attrattivi: come non fossero gli stessi che tentiamo di vendere, senza successo, da anni. O la solita tiritera degli imprenditori che cozzano quotidianamente contro l’eccesso di burocrazia che frena il loro intraprendere; la quale alimenta però il ricorso ai professionisti, a cui la situazione fa invero comodo, e dà foga oratoria a ogni programma politico in vista di qualsivoglia elezione.

Lo spunto più interessante sta tutto chiuso in un’affermazione: “un territorio che riesce a diversificare è anche più resiliente”. Un’intuizione che possiamo definire così solo con una buona dose d’ironia, visto il lapalissiano significato, ma che esternata dalle nostre parti rivela tutto il suo potere rivoluzionario: basterebbe ritirare in ballo la leggenda di un mobiliere inviso all’establishment per dare evidenza di quanto in realtà sia sempre stato difficile farlo, e lo è probabilmente ancora.

Il vero paradosso però, quello che ha a che fare con il nostro personalissimo spazio-tempo, è che a parlare di tutto ciò siano da decenni più o meno sempre gli stessi attori. Ora, capiamo benissimo che i tempi della politica non sono quelli dei desideri, ma qui siamo ben oltre. Mi spiego: se un problema si palesa oggi, le sue cause vanno ricercate temporalmente nel passato. Un esercizio buono per non ripetere eventualmente gli stessi errori. Quindi, se chi amministrava un tempo (o comunque faceva un tempo parte di quelle categorie di cui sopra) si lamenta del problema attuale, è probabile che ne sia proprio lui la causa. Escludendo la malafede, il paradosso è comunque evidente: stare ad ascoltare le soluzioni proposte da chi ha causato in quota parte il problema è a dir poco straniante.

Lo scorso aprile parlavo dell’incapacità progettuale del territorio; lo scorso luglio mi è toccato parlare di come la città sia stato l’unico capoluogo piemontese a non presentare nemmeno un progetto per un bando di vitale importanza. Non credo che sia necessario essere grandi tifosi del montante nuovismo o giovanilismo, ma qualche faccia nuova a indicarci la via potremmo starla ad ascoltare con maggior convinzione, rispetto alle stesse facce che dicono le stesse cose, spesso contraddicendo pure sé stesse e il loro passato. Per costruire il futuro non bastano solo parole nuove.

Lele Ghisio

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