Eventi & Cultura
Susanna Platinetti racconta suo padre
Sarà presentato sabato 13 dicembre, alle ore 17.00, presso la Sala conferenze del Museo del Territorio, il taccuino “Dialoghi con me stesso” (Ed. Fabbrica dei segni), curato da Susanna Platinetti, figlia del grande pittore biellese, Fulvio Platinetti.
Sarà presentato sabato 13 dicembre, alle ore 17.00, presso la Sala conferenze del Museo del Territorio, il taccuino “Dialoghi con me stesso” (Ed. Fabbrica dei segni), curato da Susanna Platinetti, figlia del grande pittore biellese, Fulvio Platinetti.
Come è nata questa pubblicazione?
Come prima cosa desidero chiarire che ho curato Dialoghi con me stesso non per ricordare mio padre ma piuttosto per approfondirne la relazione, cercando di avvicinarmi quanto più possibile alla sua sensibilità per poter osservarne con maggior attenzione il lavoro. Per me il verbo “ricordare” implica una sorta di malinconia, di tristezza che non sono state assolutamente presenti durante la stesura.
Come si potrebbe definire “Dialoghi con me stesso”?
Non ha la presunzione di essere un “libro”, solo una raccolta di riflessioni. Ho riunito scritti e riportato su carta le audiocassette, parola per parola, senza aggiungere nulla di mio e mentre li ordinavo, ho scoperto e capito, il tormento di un uomo che solo in parte conoscevo.
Ci può spiegare meglio…
Mentre trasferivo le parole di papà al computer, mi sono resa conto che nessuno prima di me le aveva sentite e lette. Stavo entrando nel suo mondo privato, segreto e questo mi ha procurato un certo disagio. Poi l’imbarazzo ha lasciato il posto alla comprensione e alla curiosità.
“Dialoghi con me stesso” è la porta di accesso ad un’osservazione più attenta, completa e profonda del suo lavoro ed è per questo motivo che ho pensato di condividerlo con chi lo ha apprezzato e chi non lo ha compreso.
Il titolo è molto esplicito: “L’unico mio interlocutore sono io”.
Ragionamenti intimi che non chiedono risposte e non ne danno. Traspare e non velatamente ma con l’irruenza che era una sua caratteristica, il dolore e la pesantezza di vivere. Non a caso il suo poeta prediletto era Eugenio Montale con cui, credo si sentisse affine e di cui conosceva la poetica. Ricordo di avergli sentito più volte recitare alcuni versi della poesia “Fine dell’infanzia”: “Rombando s’ingolfava dentro l’arcuata ripa un mare pulsante, sbarrato da solchi, cresputo e fioccoso di spume…..” Non a caso mi riferisco a questa poesia in particolare, infatti Dialoghi con me stesso inizia proprio con la citazione di questo verso e termina con la trascrizione della lirica “Il notaro”. Montale a volte fa capolino come un compagno di viaggio con cui si intende senza parlare. Non è stato facile impregnare nelle pagine l’atmosfera dei lunghi silenzi, delle risatine ,dei canti di uccelli. Ho tentato. Spero di esserci riuscita.
Come si snoda il taccuino?
Tra racconti della quotidianità, alcuni quasi Kafkiani e la tormentata ricerca della parte più nascosta del sé. In una annotazione del 1960 scrive : Ogni qualvolta dipingo, non penso minimamente al mestiere, quindi alle difficoltà tecniche da esso derivanti ma a tradurre in colori e segni, le emozioni che provo. Ora, osservando gli Stromboli, i girasoli secchi o le pietraie, scopro l’intuizione di un rapporto tra situazioni, oggetti esterni e il suo mondo interiore, con uno sguardo più attento e meno superficiale verso il suo linguaggio pittorico. In sintesi, si è svelato ai miei occhi un padre che ha vissuto pienamente il dolore, l’irrequietezza e l’autenticità.
La traslazione dei Dialoghi con me stesso da audiocassette parte dall’anno 1992 sino ad arrivare al 2004. Gli scritti vanno dal 1960 al 2007.
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