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Il Festival della canzone

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L’immagine che i biellesi hanno sempre dato di sé è stata quella di gente operosa, forse un po’ ripiegata su sé stessa, poco disposta a concedere spazio alla leggiadria e al divertimento; desta quindi curiosità e sorpresa il fatto che intorno alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso questa terra abbia rivelato un’insospettabile attrazione per la musica che trovò espressione nel Piccolo Festival della canzone biellese, andato in scena per tre anni consecutivi, dal 1954 al 1956.
 

Non crediamo di sbagliare affermando che per lungo tempo l’unica “musica” che è risuonata nelle nostre valli è stata quella prodotta dal cigolio ritmico e inconfondibile dei telai meccanici, espressione di un’industria tessile di gran lunga maggioritaria sul territorio. L’immagine che i biellesi hanno sempre dato di sé è stata quella di gente operosa, forse un po’ ripiegata su sé stessa, poco disposta a concedere spazio alla leggiadria e al divertimento; desta quindi curiosità e sorpresa il fatto che intorno alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso questa terra abbia rivelato un’insospettabile attrazione per la musica che trovò espressione nel Piccolo Festival della canzone biellese, andato in scena per tre anni consecutivi, dal 1954 al 1956.
 

A promuovere l’interessante iniziativa furono i Circoli “Martiri e Ogliaro”, che nella sede di via Torino avevano dato vita al “Giovedì della Canzone”, incontro settimanale durante il quale chiunque ritenesse di avere qualità canore era libero di metterle in mostra. Tra gli organizzatori figurò anche Luigi Pralavorio, il quale, presentando la prima edizione del Concorso della Canzone di autori biellesi e valsesiani, confessò: «Quando cominciammo a pensare a questo concorso ci colse il dubbio se nel nostro Biellese, così dedito a pratiche opere ed a ben definiti commerci, esistessero cultori della canzone in misura sufficiente da alimentare l’iniziativa. Ben presto potemmo costatare che infondata era la preoccupazione. Le canzoni cominciarono a giungere foltamente sul nostro tavolo, attorno al quale venivano a collocarsi, in appassionate discussioni, musicisti, parolieri e cantanti».

Quarantadue furono infatti le composizioni sottoposte al giudizio preliminare della giuria formata dai professori Franco Pavarino e Luigi Zaffagnini, da Cesare Carini, Aldo Cigna, Riccardo Rigola e dallo stesso Pralavorio; le quattordici canzoni ritenute più meritevoli si disputarono la vittoria nella finale che ebbe luogo martedì 23 febbraio 1954 presso il Cine Teatro Odeon.

La risposta del pubblico fu del tutto soddisfacente: i circa milletrecento spettatori presenti si godettero le esibizioni dei vari concorrenti, accompagnati dall’orchestra “Biella Canta 1954” (16 elementi diretti dal maestro Vittorio Perissini), decretando vincitrice la canzone “Primavera” di Ito Tonella, operaio tessitore con la passione per il canto e la composizione: «Quando […] ha appreso che la sua canzone «Primavera» aveva ottenuto il primo premio, ancor prima che gli spettatori sanzionassero con un prolungato applauso il giudizio espresso dalla maggioranza, è schizzato dalla poltrona in cui si era seduto ed ha raggiunto con passo bersaglieresco il palcoscenico per ricevere la coppa assegnatagli seduta stante» (“Eco di Biella”, 25.02.1954). Una nota di merito spettò anche a Nico Ventura, giovane interprete di “Primavera”: «È un timido, Ventura, ma martedì sera ha saputo vincere tutti i complessi. La sua voce è fluida e chiara, paragonabile a quella del popolarissimo Tajoli [Luciano, noto interprete del genere melodico sentimentale]».

Oltre alla Coppa “Biella Canta 1954”, il vincitore si portò a casa anche la rispettabile somma di 50.000 Lire; al secondo e al terzo posto si classificarono rispettivamente le canzoni “Ricordo di un bel sogno” del maestro Domenico Montanaro e “Cavallin di cartapesta” del maestro Aldo Bonaretti. Il motivo in dialetto “La Val d’Andorn”, presentato fuori concorso e cantato da Beppe Crosa, ottenne «nutriti applausi e insistenti richieste di bis: anche questa canzone, del maestro Vittorio Perissini, ricorda[va] qualche motivo già conosciuto, ma [era] simpatica e vivace, con spigliatezza paesana» (“il Biellese”, 26.02.1954).

Il vero mattatore della serata fu comunque Luigi Pralavorio: «[…] autore, regista, presentatore e anche cantante, ha condotto lo spettacolo con signorilità, tenendolo quasi sempre al di fuori dei motivi politici e polemici. La seconda parte [dello spettacolo], una specie di cavalcata di mezzo secolo nel regno della canzone, ha avuto in lui un fine dicitore, ottimamente affiancato da Silvana Gajoni, Ezio Bertagnolio e Beppe Crosa, con l’accompagnamento dei solisti di Aldo Bonaretti».

L’ottimo successo riscosso dalla prima edizione indusse gli organizzatori a riproporre il Concorso anche nel 1955. Le canzoni esaminate dalla giuria (della quale erano entrati a far parte la professoressa Piera Riccardo, l’avvocato Bruno Crolle, Claudio Della Barile e Felice Medici) furono una quarantina e di queste, dieci approdarono alla finale in programma lunedì 21 marzo sempre al Cine Teatro Odeon. Furono introdotte alcune novità come la presenza di due orchestre, di cui Luigi Pralavorio diede conto nell’opuscolo informativo stampato per l’occasione: «La decisione di comporre due orchestre, anzi che una sola come lo scorso anno, non scaturisce dalla smania di imitare più grossi esperimenti del genere, bensì dal desiderio di imprimere allo spettacolo interesse e curiosità più accesi; e donare al pubblico maggiori elementi di giudizio presentandogli le canzoni in doppia esecuzione e diversa orchestrazione […]».

L’eclettico giornalista di “Eco di Biella” curò anche, con la collaborazione di Aldo Bonaretti per la parte musicale e di Pippo Pozzi per l’allestimento della scenografia, la messa in scena di “Eternamente tua”, rappresentazione sceneggiata di un romanzo, «un romanzo di quelli che piacciono alle lettrici molto sentimentali e che raggiungono tirature atomiche»; quello che nelle intenzioni dell’autore voleva essere «un passatempo» («niente più: e come tale chiede di essere accolto») aveva lo scopo di intrattenere il pubblico durante le operazioni di scrutinio dei voti.
La canzone vincitrice della seconda edizione di “Biella Canta”, che si svolse di fronte ad un pubblico «attento e particolarmente caldo anche se – segnalò Eco di Biella (24.03.1955) – non eccessivamente numeroso», fu “Sirena” del maestro Domenico Bovio, originario di Coggiola. “Mamma Stella” del maestro Domenico Montanaro conquistò la piazza d’onore, mentre Ito Tonella, trionfatore della prima edizione, si classificò al terzo posto con “Campane biellesi”: «I soliti maligni – sottolineò maliziosamente il bisettimanale diretto da Germano Caselli – dicono che Tonella avrebbe vinto il primo premio se non avesse scelto un soggetto così… biellese come le campane di Oropa che a sera suonano «Girumetta ‘d la muntagna»: i troppi non biellesi che abitano il biellese non possono certo commuoversi alla nostra, così «nostra» melodia…».

Al vincitore andò in premio “l’orso musicante”, realizzato dal maggior esperto dell’epoca nella lavorazione del ferro battuto, Mario Taragni detto “il Barba”, valsesiano di nascita ma biellese d’adozione; compositori e interpreti furono oggetto di espressioni di ammirazione e di compiacimento anche da parte del maestro Egidio Storaci, direttore d’orchestra in forza alla RAI.

L’ultima edizione del “Piccolo Festival” della canzone biellese fu presentata nell’autunno del 1956: «Le canzoni della terza edizione – affermò con orgoglio Luigi Pralavorio – si presentano progredite, in quanto a tecnica musicale, nei confronti delle due precedenti; frutto, appunto, di impegno ed esercizio stimolati nei compositori dalla responsabilità di partecipazione al festival, e dagli insegnamenti che ogni spettacolo fornisce a chi vi partecipa. Questa la validità della manifestazione che, pure realizzata da dilettanti, si inserisce in una vera e propria attività produttiva quale quella della canzone». Delle dieci canzoni finaliste ad aggiudicarsi il primo premio fu “Vecchio campanile”, scritta da Mario Amalberti, musicata da Celestino Zignone (al debutto a “Biella Canta”) e interpretata da Claudio Prelli; a completare il podio si aggiunsero “Rondine” (testo di Alfredo Seren, musica di Vittorio Perissini), cantata da Nico Ventura, e “Io canto a te”, interpretata da Giuseppe Coda: di quest’ultima, scritta da Giuseppe Cavallo e musicata da Elso Lachello, “il Biellese” scrisse che si trattava di una canzone «diversa da tutte le altre sia come ritmo che come parole. A una introduzione non molto felice, [seguiva] un ritornello vivace; e tutta la canzone [era] una graziosa stornellata a Biella, che il pubblico […] non [poteva] non gradire» (“il Biellese”, 26.10.1956).  Lo spettacolo fu allietato dalla messa in scena de “Lo Specchio. Rivista di riflessi biellesi visti a Luigi Pralavorio”, nel quale si esibirono la cantante Tina Stimolo, Beppe Crosa e la sua orchestra e le maschere biellesi Gipin e Catlina (impersonate da Francesco Gallina e Annabella Stellino) con Arlecchino e Pulcinella.

rolando.magliola@gmail.com

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