Attualità
Il suicidio e la dignità perduta
“Perdonateci, siamo sul lastrico” poche parole che chiariscono tutto, molto più di convegni, statistiche, articoli o servizi giornalistici. “Siamo sul lastrico” è la condizione nella quale, sempre più persone, si trovano a dover fare i conti nella loro quotidianità. “Siamo sul lastrico” è lo scarno biglietto che è stato trovato venerdì scorso sul tavolo della cucina di Manuela Rosso e Giorgio Ferraris, scritto prima che decidessero di farla finita. Erano due ambulanti di Biella che negli anni, evidentemente, sono stati sopraffatti dalla crisi tanto da non immaginarsi una prospettiva possibile per vivere un futuro dignitoso.
Quando ero piccolo mia madre, mentre facevamo il settimanale giro tra le bancarelle del mercato, mi raccontava quanto quella degli ambulanti fosse un’attività redditizia. In trent’anni però le cose sono molto cambiate e una professione che garantiva un discreto benessere è divenuta – come molte altre – sufficiente alla sola sussistenza o, a volte, neppure a quella. La condizione dei coniugi Ferraris è però comune, sempre più comune. Ne parlano le statistiche che fotografano lo scivolamento progressivo del ceto medio in una proletarizzazione sempre più accentuata. Milioni di persone che fino a qualche anno fa contribuivano a “far girare l’economia” oggi non riescono neppure a pagare le bollette o, peggio ancora, le cartelle di “Equitalia”.
Io non conosco la storia di questa donna e questo uomo che hanno deciso di porre fine, così tragicamente, alle loro esistenze. Quanti Giorgio e Manuela ci sono però nel nostro Biellese e in tutta Italia? Quanti suicidi che classifichiamo in un generico “male di vivere” sono invece il frutto avvelenato di questa contemporaneità, di questo tempo presente fatto di povertà, miseria, dignità perduta e cartelle non pagate?
“Perdonateci, siamo sul lastrico” poche parole che chiariscono tutto, molto più di convegni, statistiche, articoli o servizi giornalistici. “Siamo sul lastrico” è la condizione nella quale, sempre più persone, si trovano a dover fare i conti nella loro quotidianità. “Siamo sul lastrico” è lo scarno biglietto che è stato trovato venerdì scorso sul tavolo della cucina di Manuela Rosso e Giorgio Ferraris, scritto prima che decidessero di farla finita. Erano due ambulanti di Biella che negli anni, evidentemente, sono stati sopraffatti dalla crisi tanto da non immaginarsi una prospettiva possibile per vivere un futuro dignitoso.
Quando ero piccolo mia madre, mentre facevamo il settimanale giro tra le bancarelle del mercato, mi raccontava quanto quella degli ambulanti fosse un’attività redditizia. In trent’anni però le cose sono molto cambiate e una professione che garantiva un discreto benessere è divenuta – come molte altre – sufficiente alla sola sussistenza o, a volte, neppure a quella. La condizione dei coniugi Ferraris è però comune, sempre più comune. Ne parlano le statistiche che fotografano lo scivolamento progressivo del ceto medio in una proletarizzazione sempre più accentuata. Milioni di persone che fino a qualche anno fa contribuivano a “far girare l’economia” oggi non riescono neppure a pagare le bollette o, peggio ancora, le cartelle di “Equitalia”.
Io non conosco la storia di questa donna e questo uomo che hanno deciso di porre fine, così tragicamente, alle loro esistenze. Quanti Giorgio e Manuela ci sono però nel nostro Biellese e in tutta Italia? Quanti suicidi che classifichiamo in un generico “male di vivere” sono invece il frutto avvelenato di questa contemporaneità, di questo tempo presente fatto di povertà, miseria, dignità perduta e cartelle non pagate?
Il governo nazionale ha appena introdotto una nuova “social card” come strumento per combattere la povertà; un pannicello caldo che non interviene in maniera strutturale e non copre che il 20% dei bisogni reali di oltre 10 milioni di cittadini e cittadine italiane che sono in situazione di indigenza assoluta.
La verità è che la povertà porta con se anche un’altra condizione – oltre la miseria – che è quella dell’invisibilità o peggio del fastidio degli “altri”, reale o presunto, che molte volte si trasforma in stigma, in perdita dell’amor proprio fino a convincere alcune persone che non ha più alcun senso l’ esistenza.
Nella Francia del 1789 i forni parigini furono assaltati perché alla richiesta di “pane” il popolo si sentì rispondere dall’allora Regina Maria Antonietta “dategli le brioches”. Sarebbe ora che alla rassegnazione si decidesse di rispondere con la ribellione. E l’unico modo per ribellarsi è farlo insieme. La Storia è lì a ricordarcelo.
Roberto Pietrobon
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