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«Un po’ di paura c’è, non siamo supereroi. Ma operiamo con le massime precauzioni»

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In prima linea contro il coronavirus, in prima linea per sostenere e aiutare le persone. Sono i volontari della Croce Rossa che, come i colleghi di altre associazioni, in questi giorni di crisi sanitaria sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale.

Hanno paura anche loro, come tutti, ma non si sottraggono e continuano a servire la comunità.

Eletto presidente del comitato di Biella a metà febbraio, Osvaldo Ansermino sta affrontando un’emergenza mai vissuta prima. Gli abbiamo chiesto di raccontarci com’è la vita del volontario nei giorni del Covid-19.

«Ci siamo ritrovati in una situazione particolare e storica – spiega -, un contesto del tutto nuovo. Per quanto pensi di essere preparato ad affrontare le emergenze, finché non la vivi non sai cosa ti aspetta. Diciamo che cambiano le priorità e non solo quelle».

Quali sono stati gli ostacoli da superare?

«Prima di tutto il reperimento dei Tpi, per la protezione individuale. All’inizio è stato difficile. Poi ci sono state le verifiche, i certificati, i prezzi con evoluzioni particolari… Fortunatamente avevamo un po’ di disponibilità per i primi acquisti, poi è cominciato un flusso di persone che chiedevano come aiutarci. C’era chi donava tute dei propri magazzini, chi 100 euro… è stata una bella testimonianza di attaccamento alla Croce Rossa».

Tutto questo senza avviare raccolte fondi e lanciare appelli ufficiali?

«Lo abbiamo evitato per logica e rispetto, per non arrivare a sovrapporci a alla campagna per l’ospedale. Malgrado ciò, abbiamo avuto una serie di importanti attestati spontanei da parte di privati, imprenditori e amici. Addirittura la moglie di un nostro volontario è riuscita a far arrivare delle mascherine dal Giappone. C’è stata una mobilitazione generale, ci ha aiutato e confortato».

Com’è cambiato il lavoro sul campo in queste settimane?

«All’inizio il discorso era semplicemente “metti mascherina, occhiali e guanti” per precauzione, poi sono iniziati i contatti diretti con persone positive e ovviamente le difficoltà sono aumentate. Va ricordato che non c’è solo il coronavirus, contemporaneamente le persone continuano ad avere altre patologie, problemi di cuore, traumi… Noi abbiamo una medicalizzata e un’ambulanza di base, in base al codice in uscita già definisci come arrivare sul target. L’approccio iniziale viene fatto in maniera cautelativa, vengono poste domande specifiche e ci si adegua. Tutti i servizi sono effettuati indossando guanti, occhiali e mascherine chirurgiche, ma a seconda dei casi anche tuta e visiera».

Le precauzioni finora sembrano essere state più che sufficienti.

«Non ci risultano casi di contagi di volontari legati ai servizi o alla permanenza in sede. Questo non significa che nessun volontario della Croce Rossa sia risultato positivo, ma finora non ci sono riscontri su contagi avvenuti durante le attività legate all’associazione».

Come vivono questa fase i volontari?

«Siamo volontari, ma non abbiamo la divisa da supereroi. Parlo per me, ma credo di esprimere sentimenti comuni: è umano provare paura, tensione, momenti di preoccupazione per quello che si va a fare. Anche perché poi ognuno di noi torna dalla propria famiglia, dai propri cari… Ma c’è una preparazione di fondo che ci permette di fare soccorso in un certo modo, in sicurezza. Applichiamo protezioni e metodologie che ci fanno pensare di essere più al sicuro durante un servizio che andando a fare la spesa. Per il resto, cerchi di concentrarti il più possibile su ciò che stai facendo: soccorrere al meglio lavorando sempre in sicurezza, sapendo che devi salvaguardare l’integrità della persona che soccorri, ma anche la tua. La tensione c’è, è normale, ma nel momento in cui ne parli e puoi condividerla, il virus fa già un po’ meno paura. Dal familiare al datore di lavoro, in tanti ti dicono che sarebbe meglio non correre il rischio, ma se non lo facessimo noi, chi lo farebbe?».

La responsabilità è più forte della paura, come dimostra anche il boom di richieste di aspiranti volontari.

«Questo è un aspetto bello e positivo: in due settimane abbiamo avuto cento adesioni di nuovi volontari temporanei. A un certo punto abbiamo dovuto imporre uno stop perché non saremmo stati in grado di mettere tutti nelle condizioni di operare. Ovviamente queste persone non fanno servizi di soccorso. Ricevono una formazione di base sulle norme di autosicurezza e di comportamento, oltre che sul virus, sulla gestione del pronto farmaco e sulla consegna di beni a domicilio attraverso la nostra centrale operativa e sono sempre “tutorate” da volontari effettivi».

Il numero di interventi in questo periodo è aumentato notevolmente?

«Le uscite in generale sono decine ogni giorno. Nell’ultimo mese sono state molte di più rispetto alla media, anche perché a quelle in qualche modo legate al Covid-19 vanno aggiunte tutte le altre. Come accennavo, non è che le persone non abbiano più infarti. Ecco, diciamo che in questa fase è importante che chi può non si metta nella condizione di dover essere soccorso. Ci vuole un po’ di accortezza in più, ad esempio riducendo al minimo quelle attività che possono provocare incidenti domestici».

Con le altre realtà del territorio come vi rapportate?

Anche su questo fronte ci sono stati segnali positivi. È interessante la nascita di una collaborazione con Protezione Civile e altre associazioni. È grande anche la collaborazione con Croce Blu e Croce Bianca: nel momento in cui si è verificata l’esigenza di coordinare tutte le dimissioni, abbiamo messo a disposizione un numero unico e un’unica centrale operativa per tutte le associazioni, creando un calendario condiviso. Un bel gesto di disponibilità e unità da parte di tutti».

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