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Un altro Savio è difficile da trovare ma possiamo almeno provarci

L’intervento di Marco Atripaldi, ex general manager e dirigente fondatore di Pallacanestro Biella

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BIELLA – “Non puoi tornare indietro e cambiare il principio, ma puoi iniziare da dove sei e cambiare il finale”. Così sosteneva lo scrittore inglese C.S. Lewis, quello delle cronache di Narnia.

Questa frase mi ha fatto riflettere pensando alle vicende di Pallacanestro Biella la cui rinuncia alla serie A2 ha scatenato un putiferio di rabbia, delusione, tristezza, vuoto. Legittimo, normale, poi le cose si apprezzano di più quando all’improvviso spariscono. Tornando a Lewis, il vero punto oggi è non perdere troppo tempo a capire cosa è successo, avviare una caccia al colpevole che lascia il tempo che trova, cominciare a montare patiboli in piazza: Pallacanestro Biella è nata nel 1994, nei 28 anni successivi il mondo è cambiato almeno tre o quattro volte, c’è stata una pandemia e ora pure la guerra. Pensare che la società sportiva di punta di un territorio in evidente declino l’avrebbe scampata mi sembra davvero fuori luogo.

Anche perché la crisi va avanti da almeno 12 o 13 anni e gli appelli per dire “guardate che non ce la facciamo più” si sono sprecati. Non ci credeva nessuno. Male. Do una notizia ai cacciatori: colpevoli non ce ne sono. Magari qualche capro espiatorio da maledire al bar o a bordo vasca, fidandosi delle chiacchiere (e ne so qualcosa). O se proprio non se ne può fare a meno, c’è sempre il Maggiordomo.
L’alternativa sana invece è quella di verificare, nella vasta comunità di appassionati che si è venuta a creare in questo lungo periodo, se ci sono le condizioni per ripartire dopo il reset che l’attuale dirigenza sta cercando di portare a termine tenendo in vita almeno i simboli della storia di Pallacanestro Biella e con essi il settore giovanile.

Per farlo bisogna ritrovare prima di tutto fiducia, passione e coraggio sperando che le nuove generazioni abbiano voglia di affrontare la sfida, come facemmo noi quando eravamo giovani. Ricreare un clima positivo introno a un progetto di prospettiva. Perché quando smetti di proporre un progetto e passi al “dammi una mano” sei all’inizio della fine. Premesso che un altro Alberto Savio è arduo trovarlo, ma ci si può almeno provare.

Nonostante questo territorio non brilli per capacità di fare squadra, qualche buon esempio ce l’abbiamo avuto anche noi.
Anni fa, durante una presentazione della squadra per la stagione sportiva, dissi tra l’altro, per riportare un po’ a terra un ambiente un filo gasato “noi vendiamo emozioni, regaliamo sogni ma non è che abbiamo trovato la cura per il cancro”. Il giorno dopo compare in ufficio Elvo Tempia, il partigiano Gim , che mi affronta: “ti devo rimproverare per quello che hai detto ieri. Non avrete trovato la cura al cancro ma rendete felice la gente, e se la gente è felice si ammala di meno”.

Con il suo Fondo per la lotta ai tumori facemmo tante iniziative con Pallacanestro Biella. Va beh, ci ha fatto sentire importanti perché io, da giovane giornalista, avevo seguito la nascita del Fondo, che aveva come simbolo un salvadanaio col soldino da infilare dentro. E conoscevo le innumerevoli volte in cui Gim aveva “salito l’altrui scale” magari per incontrare persone che, almeno politicamente, non lo apprezzavano. E quante sagre, iniziative, manifestazioni, lotterie, un soldino dopo l’altro per riempire trasversalmente quel salvadanaio che alla fine ha lasciato al Biellese un patrimonio inestimabile di attrezzature mediche e soprattutto rivoluzionato la cultura della prevenzione. Ecco, non bisogna andare lontano.

Per cui, scemata la reazione emotiva sui social, che statisticamente dura una decina di giorni, anche meno, e accettata la triste realtà che la domenica per qualche anno bisognerà trovarsi le alternative, pensiamo se si può ricostruire e come. Se si può riempire di nuovo il Forum e come. Perché adesso, per tutti, l’alibi di Pallacanestro Biella non c’è più.

Le frasi che ho ascoltato per 30 anni “non possiamo fare di più perché danno i soldi al basket” , “il basket ha ammazzato tutti”, “il Forum è roba loro” (e gestirlo ci è costato almeno l’80 per cento del debito) e arte varia. Apro una breve parentesi: ho letto sul Biellese l’amico Pietrobon che, sulla costruzione del Forum, ipotizza bieche trasversalità politiche e corsie preferenziali: dico quello che so, Alberto Savio regalò alla città di Biella un progetto esecutivo per realizzare un impianto realmente polifunzionale, nel 2000. Il Forum è stato inaugurato nel 2009, se nove anni di iter sono una corsia preferenziale, evidentemente mi è sfuggito qualcosa. Nel frattempo l’impianto, senza il quale la storia di Pb sarebbe finita prematuramente già all’epoca, è bene dirlo, arrivò con grave ritardo per il club, un po’ come la Cossato Vallemosso inaugurata con metà fabbriche chiuse. E solo il coraggio dei sindaci dell’epoca , segnatamente Susta prima e Barazzotto poi (ma tutte le amministrazioni comunali hanno sempre fatto il possibile per Pb), consentì di completare il decennio al Paietta, attuando una concertazione tra questori, prefetti, Vigili del fuoco e compagnia che garantì agibilità e sicurezza di un impianto non all’altezza.

Pur in una epoca storica molto più complessa dei primi anni 90, questo è il momento degli uomini di buona volontà. Non solo nel basket, dove batte il mio cuore, ma anche per altre discipline a partire dallo splendido Biella rugby. Perché lo sport allena alla vita.

Marco Atripaldi

 

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