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Niente cene, ma merende snoire

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Evviva! Siamo tornati zona gialla e quindi ciò consentirà una maggiore libertà operativa in tutti gli ambiti. Hanno riaperto negozi, bar, ristoranti, ci si può muovere liberamente all’interno della propria regione ed anche chi, per svariate ragioni, deve o vuole muoversi tra una regione e l’altra, lo può fare con un semplice “pass” che dichiari che è stato vaccinato, oppure che risulta negativo al tampone o, ancora, che ha già contratto il covid, è rimasto in quarantena e ne è uscito più bello e più forte di prima.

Non si parla più di lockdown dunque, eppure… eppure, ecco immancabile l’esercito dei “si, ma io…” che torna prepotentemente in marcia. Si, ma io… a che ora devo lasciare il ristorante se là fuori c’è il coprifuoco che inizia alle 22? Si, ma…adesso che siamo zona gialla è davvero ancora necessaria la mascherina? Si, ma… come dobbiamo interpretare la differenza tra residenza, domicilio e abitazione?

E il bello è che anche dal Governo giungono segnali contrastanti, come il grottesco botta e risposta di domenica scorsa, tra Ansa e giornali, allorquando la ministra Gelmini annunciava che al ristorante ci puoi stare sino alle 22 e poi fa fede lo scontrino rilasciato al momento del pagamento e tre minuti dopo il Viminale la smentiva asserendo che alle 22 non ci devono più essere auto o persone in giro per le strade, fatte salve quelle autorizzate. E sempre tra i “si, ma io…” annovero anche Silvia Sardone, leghista salviniana (ma non è questo l’aspetto più importante) che in un dibattito televisivo poneva in risalto il fatto che l’Italia non è un Paese del nord Europa in cui la gente si siede a tavola alle 18 o alle 19, qui si cena in orari ben diversi e quindi se si chiudono i ristoranti alle 22… di fatto è come non aprirli.

Questi appunti, sia chiaro, sono solo una minima parte di quanto colto qui e là in questi ultimissimi giorni di passaggio da zona arancione a zona gialla. Ma sono significativi perché mettono in luce quanto, nonostante sia trascorso più di un anno dall’inizio della pandemia, non si sia ancora riusciti a fare comprendere che si è trattato e si tratta tuttora di un’emergenza epocale, dalla quale stiamo cercando a fatica e con prudenza di uscire, ma non ne siamo ancora fuori.

Ciò vuol dire che coprifuoco dalle 22 alle 5 significa che dalle 22 alle 5 non ci deve essere gente a zonzo per le strade, con o senza scontrino del ristorante; significa che le mascherine dovranno essere indossate, esattamente come prima; significa che domicilio, residenza ed abitazione hanno significati precisi ed i loro raggiungimento è regolato da norme altrettanto precise; e, per finire, se una certa parte d’Italia (non so dove viva la signora Sardone) è abituata a sedersi a tavola alle 22, se ne farà una ragione ed organizzerà delle robuste “merende-snoire” che, non chiamandosi cene, potranno iniziare prima e, di conseguenza, concludersi in tempo utile per non andare in conflitto con gli orari del coprifuoco. Si chiama buonsenso. Mettiamocelo.

Giorgio Pezzana

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