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Il processo a Dimitri Fricano giunge all’ultimo atto: il prossimo 8 aprile il caso approderà in Cassazione

Omicidio Erika Preti. Dopo la conferma della condanna a trent’anni in appello, la difesa proverà a ottenere uno sconto di pena

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BIELLA – Si avvicina l’ultimo atto del processo a Dimitri Fricano. Il prossimo 8 aprile, a quasi cinque anni dal brutale assassinio di Erika Preti, l’iter giudiziario si concluderà davanti alla Corte di Cassazione.

In ballo non c’è la colpevolezza dell’ex fidanzato della vittima, bensì l’entità della pena. Reo confesso, Fricano è stato infatti condannato a trent’anni di reclusione in primo grado, sentenza successivamente confermata in Corte d’Assise d’Appello.

La difesa, però, è intenzionata ad andare fino in fondo nella speranza di ottenere uno sconto per via dello stato di salute mentale dell’imputato. Secondo i difensori di Fricano, l’avvocato biellese Alessandra Guarini e il sassarese Roberto Onida, la sentenza non terrebbe conto del vizio parziale della capacità di intendere e di volere del 34enne.

Proprio sulla presunta seminfermità non riconosciuta, sulla base delle perizie psichiatriche presentate nel corso del processo, si basa il ricorso dei difensori che, in punta di diritto, proveranno a ottenere quanto negato in appello, vale a dire una pena più mite rispetto ai trent’anni che Fricano, tuttora recluso nel carcere di Ivrea, ha già iniziato a scontare dal momento della confessione, risalente al luglio del 2017.

Era un sabato pomeriggio quando il giovane uomo, accompagnato dai genitori, dall’avvocato Guarini e dall’investigatore Nicola Santimone, si presentò in procura, dove ad attenderlo c’erano il luogotenente Tindaro Gullo, comandante dell’aliquota carabinieri della polizia giudiziaria, e il procuratore Teresa Angela Camelio.

«Sono stato io – confessò, ripetendo quanto ammesso poco prima nell’ufficio del suo legale -, ho ucciso io Erika. Non volevo farlo, l’amavo tantissimo…».

Una confessione che smentiva completamente la sua prima versione dei fatti su quanto accaduto nella villetta di San Teodoro, quella che individuava in un fantomatico rapinatore l’uomo che aveva ucciso Erika e aggredito lui.

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