Seguici su

Attualità

Gorgo Moro, Infernone, Buco Nero, Diau: ecco tutte le lame del Biellese dove cercare il fresco

Un articolo di Carlo Gavazzi

Pubblicato

il

In questi giorni di caldo afoso, i torrenti biellesi danno refrigerio a migliaia di persone. Proponiamo alcuni stralci di un bellissimo articolo scritto nel 2012 per la Rivista Biellese dallo storico Carlo Gavazzi.

Le lame dei nostri torrenti sono state per lungo tempo le uniche “piscine” del Biellese; oggi andrebbero tutelate e valorizzate rispettando la loro fragilità. Tuffi da sette metri e divertimenti assicurati, ma attenzione! Qualcuno ci ha lasciato la vita. Il termine “lame”, in uso da noi per designare un tratto di torrente in cui il letto si allarga e approfondisce, la corrente diminuisce e si può piacevolmente nuotare, è dantesco: nel canto ventesimo dell’Inferno esso designa i laghi di Mantova, formati dal Mincio, il quale «non molto ha corso, ch’el trova una lama / ne la qual si distende e la ‘mpaluda».

Nel Biellese accanto a toponimi italiani o dialettali in cui il termine compare (“Lama dei Pesci”, “Lama della Pietra Bianca”, “Lama del Petrolio”, “Lama dal Diau”, “Lama Vërda” … ) ve ne sono altri, ancor più pittoreschi, in cui esso è assente: “Buco Nero”, “Mar Nero”, “La Balma”, “Gorgo Moro”… Non sono scelti a caso. Che quello “moro” sia un gorgo, un gigantesco vortice del tipo «apparent rari nantes in gurgite vasto», lo tocchi con mano quando c’è corrente: ti ci butti dalla sponda destra orografica subito a valle dello stretto scivolo con cui l’Oropa vi entra e senza muovere un dito, trascinato dall’acqua, compi un ampio giro di quasi 360° finendo nei pressi del punto di partenza.

Di questi toponimi alcuni hanno valenza ufficiale e sono a prova di bomba, come il suddetto Gorgo Moro (o Gorgomoro). Altrettanto D.O.C. sono, nell’Elvo, “Infernetto” e “Infernone”: quest’ultimo – il più a valle – è forse la più profonda lama biellese.  Che la bella lama con scenografica cascata appena a valle della presa della Roggia del Piazzo dall’Oropa si definisca vërda me lo disse Alfonso Sella: così la chiamavano lui e i suoi amici quando vi si tuffavano una settantina d’anni fa. I nomi delle lame dal Diau (ancora nell’Oropa, sotto il ponte di Annibale), Sàngius (fra questa e il Gorgo Moro), Gorgo Cit (pochi metri a monte di quest’ultimo, ad esso collegato da un divertentissimo scivolo) e dal Trau (circa centocinquanta metri a monte del Gorgo Moro, fra quello e la presa della Roggia del Piano) provengono da Cesare Chianale, che negli anni dal 1943 al 1952 non perdeva occasione di tuffarsi in esse nonché nella lama sotto il ponte del Bardone. Che si chiamino dal Parolìn e dal Parolòn le lame del Cervo presso il ponte della tramvia per la Balma (la prima è più piccola e più in alto) mi è stato detto da Romano Maser, che vi nuotava in gioventù così come, più tardi, Giuseppe Fabbris. Oggi però nessuno, che io sappia, si fida a fare il bagno nel Cervo e nell’Oropa a valle del Buco Nero e del Gorgo Moro, o, nell’Elvo, alla Lama dal Valanscìn, appena a monte degli opifici di Occhieppo Superiore.

Essa era un tempo frequentata al pari – assai più in basso – della spiaggia presso il ponte (ora crollato) di Salussola, luogo di ritrovo negli anni Trenta e Quaranta per i ragazzi del paese (e per quelli di Dorzano, fra cui i miei genitori): lì ancora negli anni Sessanta ho visto gente fare il bagno. Ma esistono controlli periodici che indichino dove i nostri torrenti sono balneabili e dove no? Anch’io una trentina d’anni fa ero a mollo nella Lama dal Diau, e attaccai discorso con un pescatore che conoscevo. «Lei si fida a nuotare lì?» «Ma sì, non vede che bell’acqua blu?» «Sfido: oggi hanno scaricato tintura blu. Ieri era rossa.» «E lei mangia trote tinte?» Da allora depennai la lama dal mio elenco; ma con la crisi del tessile la situazione è probabilmente migliorata.

Se il Gorgo Moro negli ultimi anni è per un certo periodo quasi divenuto “la piscina dei Marocchini”, la suggestiva lama sotto il ponte della vecchia strada fra Cossila e Pralungo – poco a valle di quello della strada nuova – era, a detta del già citato Chianale, proprietà esclusiva dei ragazzi di Cossila: se qualcun altro tentava di andare a farvi il bagno quelli lo picchiavano!

Nel Sessera dal Piancone al ponte di Babbiera è un susseguirsi di splendide lame, che per chi abita a Biella la distanza rende inadatte al “mordi e fuggi” nei giorni di lavoro ma appetibili per il fine settimana – al pari, poco più a est, della lama formata dallo Strona di Postua sotto il ponte degli Alpini di Ron-cole. Quest’ultima è chiamata “di San Martino”.

Tornando al Sessera, esso è inoltre balneabile sia a monte della diga, per esempio presso la Casa del Pescatore dove le trote abbondano, sia a valle del Piancone: la Lama del Cavallero a mia memoria ha, fra quelle in cui si fa il bagno, l’acqua più calda di tutto il Biellese, e perciò vi nuotano oltre alle trote i vaironi.

Leggi qui la versione integrale dell’articolo di Carlo Gavazzi.

Continua a leggere le notizie de La Provincia di Biella e segui la nostra pagina Facebook

E tu cosa ne pensi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *