Seguici su

Attualità

Casa protetta per detenuti, preoccupa alcuni vicini: “Speriamo non diventi una “succursale” del carcere»

Pubblicato

il

BIELLA – «Ci fidiamo della capacità di valutazione della magistratura, ma non vogliamo rischiare di ritrovarci a confinare con una succursale del carcere».
La notizia della scarcerazione di una decina di detenuti, nell’ambito di quanto previsto dal decreto “Cura Italia”, ha destato preoccupazione tra le persone che vivono vicino a una delle case protette della Caritas destinate a ospitare chi ha ottenuto i domiciliari ma non ha una fissa dimora.
«Una di queste strutture – spiegano in una lettera alcuni residenti – è situata nel nostro rione e di protetto ha ben poco, perché incuneata fra altre case in un rione popolato prevalentemente da anziani e con molte vie d’uscita».
«Non mettiamo certo in discussione le disposizioni governative, anche se l’epidemia di Covid-19 sta regredendo e anche se il carcere si sta rivelando uno dei posti più sicuri come riportato anche nel vostro articolo – si legge ancora – e vogliamo fidarci della capacità di valutazione della magistratura. Però essendo contigui con questa struttura e apprendendo dal vostro articolo che il progetto può continuare non vorremmo poi confinare con una “succursale del carcere”».
Attualmente sono una decina, non di più, le persone interessate da questo progetto voluto dal Governo Conte e sancito dal decreto “Cura Italia”, nel caso specifico, pensato per rendere meno complessa la situazione nelle carceri italiane durante l’emergenza sanitaria. Tra i detenuti biellesi coinvolti dal provvedimento, inoltre, nessuno ha condanne gravi né tanto meno legate a reati di mafia, come avvenuto altrove con non poche polemiche politiche. In questo caso si tratta di persone condannate per reati contro il patrimonio e pure di lieve entità.
Per quelle senza una casa, verranno messe a disposizione alcune strutture protette della Caritas, una delle quali, appunto, si trova accanto alle abitazioni delle persone che hanno scritto la lettera.
I vicini avrebbero voluto perlomeno essere messi a conoscenza della situazione con il giusto anticipo: «Riteniamo che non sia stato corretto – è infatti la conclusione – coinvolgerci in questo esperimento sociale senza essere stati consultati per tempo».

Continua a leggere le notizie de La Provincia di Biella e segui la nostra pagina Facebook

E tu cosa ne pensi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *