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Pollone saluta dal tucul

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Ci vivo da trent’anni, ci ho cresciuto i figli e sepolto i congiunti. Ogni mattina vado dal giornalaio, dal panettiere, qualche volta dal farmacista, all’ufficio postale e porto i nipotini al parco giochi di piazza San Rocco, all’attacco della strada per la Burcina, e poi lì vicino a leccarsi un gelato. In questi mestieri mi alterno con Rosanna, mia moglie, che spesso fa una puntatina al camposanto.  Fino a tre settimane fa, quando questo giornale ha pubblicato l’agghiacciante denuncia di un tale che ha rivelato la metamorfosi del mio paese, Pollone, diventato, insieme ad Occhieppo di sopra, un “villaggio africano”.

Ci vivo da trent’anni, ci ho cresciuto i figli e sepolto i congiunti. Ogni mattina vado dal giornalaio, dal panettiere, qualche volta dal farmacista, all’ufficio postale e porto i nipotini al parco giochi di piazza San Rocco, all’attacco della strada per la Burcina, e poi lì vicino a leccarsi un gelato.

In questi mestieri mi alterno con Rosanna, mia moglie, che spesso fa una puntatina al camposanto.  Fino a tre settimane fa, quando questo giornale ha pubblicato l’agghiacciante denuncia di un tale che ha rivelato la metamorfosi del mio paese, Pollone, diventato, insieme ad Occhieppo di sopra, un “villaggio africano”.

E non tipo Karen Blixen o Ernest Hemingway, ma proprio africano con la puzza, le malattie e i bambini con il pancione e le mosche calliphore e stercorarie negli occhi.  A Rosanna ho proibito le uscite pedonali senza l’accompagnamento di Zeta, la lupa cattiva di casa, mentre i nipotini sono partiti per la vacanza e ancora ci stanno, ma tremo al pensiero del loro rientro.

Mi sono dunque messo alla ricerca dei tucul, cercando indizi tipo datteri o bucce di banana;  in ascolto di tam tam, urla belluine e canti di savana.  Niente.  Si era trattato di un abbaglio, di un falso allarme?  Affatto. E quando già la mia afroadrenalina si stava abbassando, ho scoperto giovedì da un giornale che a Pollone era “scoppiato il caso” dei migranti e che il paese si era “spaccato”.  Ma come, io qui ci vivo, e non sento esplosioni nè avverto voragini laceranti il corpo sociale pollonese ?!?! Dal giornale in questione ho appreso di due telefonate in redazione, una di un pollolandese (portavoce di una piccola comunità tulipana insediatasi all’ombra della Muanda) e una di un altro,  con accenti di viva preoccupazione per l’incolumità dei pollonesi minacciata da 27 afromarziani ignoti che forse non sono stati neppure vaccinati e magari ci attaccano l’ebola.

Sono indeciso se raccomandarmi alla madonna d’Oropa assumendone la neritudine come talismano contro i neri e pericolosi alieni che hanno invaso Pollone, o rivolgermi al servizio di igiene mentale per capire se ad esser fuori sono io che non vedo e non sento niente, o qualcun altro che vede e sente quello che non c’è.  Mah!

giulianoramella@tiscali.it

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