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Le infinite radici della bellezza del tennis

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“Le infinite radici della bellezza del tennis sono autocompetitive. Si compete con i propri limiti per trascendere l’io in immaginazione ed esecuzione.” Quando lessi questa frase di David Foster Wallace pensai che stava, come al solito, esagerando. Invece, come al solito, non esagerava.

“Le infinite radici della bellezza del tennis sono autocompetitive. Si compete con i propri limiti per trascendere l’io in immaginazione ed esecuzione.” Quando lessi questa frase di David Foster Wallace pensai che stava, come al solito, esagerando. Invece, come al solito, non esagerava.

Due anni fa, per la prima volta, varcai i cancelli del Circolo Tennis Biella. Fu una scelta quasi istintiva; eppure l’avevo sempre avuto a pochi metri dalla casa materna e, prima, ero sempre stato sopraffatto da uno sorta di pregiudizio, convinto che quei pantaloncini stirati e quelle polo inamidate nascondessero uno sport d’èlite e un circolo esclusivo. Invece incontrai, nelle mie mattine di lezione, un’umanità varia forse la più varia tra tutti gli sport praticati.

Non solo il bambino e il pensionato, la donna e il baldo giovane ma anche l’ operaio della Fiat di Verrone come l’affermato professionista. E trovai, e trovo ancora, un ambiente sereno, dove in quell’ora sul campo ognuno sfida – come scrive Wallace –  prima di tutto se stesso, i propri limiti, le proprie paure e le proprie abilità. Non importa avere un fisico scultoreo come Federer o la Seredeva, non importa la pancetta o l’età.

Prima di tutto giochi a tennis per divertirti e, se lo fai in un ambiente sano e accogliente lo fai meglio. Il Circolo di Via Liguria per me è questo, un luogo dove molti pensionati magari fanno un paio di partitelle a settimana (e sono sicuro che mi straccerebbero) e poi smazzano a carte in infinite partite sotto il porticato della club house. Dove i fratellini piccoli possono aspettare quelli maggiori – a lezione con i migliori insegnanti su piazza – tra i giochi del parchetto. Dove, eccellenza tra le eccellenze, i giovani campioni non sono solo i sedicenni normodotati ma anche il campione mondiale che, grazie al CTB, ha sfidato la sua disabilità arrivando nell’Olimpo del tennis. Poi ci sono i tanti volontari che puliscono e rastrellano i campi, tagliano i prati, fanno i lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione (loro, non il Comune), magari non potendo neanche più giocare, ma sapendo che così giocheranno altri e questo a loro basta.

Un circolo, una comunità cooperativa che – partendo dal tennis – ha trovato il modo di stare insieme e lavorare, in maniera utile, per gli altri e con gli altri.

Nessuno mi ha mai chiesto di essere formalmente parte di quel Circolo ma io so che lo sono, con o senza quota associativa. So che il campo dove gioco è uguale, curato e in ordine come quello del professionista e dell’operaio, perché è lo stesso di tutti.

In questi anni – oltre ad aver imparato a tenere una racchetta in mano e a segnare qualche punto – ho imparato anche ad amare quel luogo che per 35 anni, nonostante fosse così vicino, avevo preferito non superarne nemmeno le mura. Una sorta di pregiudizio stupido.

Stupido come chi, in questi giorni, vorrebbe distruggere tutto, considerare quel Circolo, la realtà associativa al suo interno cedibile, economicamente redditizia e “vendibile” a noti squali che tanti danni hanno già fatto allo sport in questa Città. Sarebbe un delitto, un rovescio tirato mentre ci si china per allacciare le scarpe. Una vigliaccata che segnerebbe, da parte della Giunta che governa questa Città, l’ennesima dimostrazione di non sapere quali e quanti sono i “gioielli” che risplendono a Biella.

Impedirlo non è solo amore per il tennis ma, più in generale,  per le cose belle.  

Roberto Pietrobon

www.alasinistra.org

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