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La gaffe della griffe

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Uno sconcertante, e tardivo, risveglio d’interesse biellese si registra in questi giorni nei confronti di Expo 2015 dopo le accuse, partite dal Lions Club, al cosiddetto “Sistema Biella” di avere perso il treno per un inserimento del nostro territorio e delle sue peculiarità fra le attrazioni da vendere ai milioni di turisti che da maggio ad ottobre dell’anno prossimo accorreranno da tutto il mondo a Milano per vedere come gli italiani avranno declinato il tema “Nutrire il Pianeta”. 

Uno sconcertante, e tardivo, risveglio d’interesse biellese si registra in questi giorni nei confronti di Expo 2015 dopo le accuse, partite dal Lions Club, al cosiddetto “Sistema Biella” di avere perso il treno per un inserimento del nostro territorio e delle sue peculiarità fra le attrazioni da vendere ai milioni di turisti che da maggio ad ottobre dell’anno prossimo accorreranno da tutto il mondo a Milano per vedere come gli italiani avranno declinato il tema “Nutrire il Pianeta”. 

Si tratta, per il momento, di una raffica di annunci, di uno sbalorditivo impasto di velleitarismi, manipolazioni della realtà, garrule speranze e sogni destinati a morire all’alba

Come sempre, in queste come in altre cose, a Biella si va in ordine sparso, le “sinergie” annunciate al momento sono in realtà delle allergie, e ognuno degli aspiranti attori per una parte in commedia snocciola il proprio copione.  Ognuno dei “quadri” esposti merita approfondimento, ma la priorità spetta certamente a quella che è annunciata come la punta di diamante del progetto Biella verso Milano 2015: accreditare Biella come “polo del lusso” e paradiso dello “shopping griffato”.

Il che, detto ai cinesi, ai kenioti, agli indiani che arriveranno a Milano potrebbe anche funzionare (sempre che non si siano prima fatti un giro in centro), ma le bugie hanno le gambe corte e il naso lungo.  E se questi verranno davvero a Biella per il “polo del lusso e lo shopping griffato”, il meno che ci può capitare è uno sputtanamento planetario.

Già, perché “Il lusso è l’abitudine a consumi di elevata gamma qualitativa e di costo. È uno stile di vita e di comportamento che privilegia l’acquisto e/o il consumo di prodotti e oggetti, spesso superflui, destinati ad esempio ad ornare il proprio corpo o la propria abitazione.” (cfr Wikipedia). E un “polo del lusso” deve offrire al top almeno due terzi del seguente elenco: oro e gioielli, abiti costosi per stoffa e fattura, vini e cibi rari, automobili e altri mezzi di trasporto veloci e costosi, yacht o imbarcazioni di grande prestigio, abitazioni e alberghi lussuosi in luoghi privilegiati, arredi, quadri ed opere d’arte, frequentazione di ambienti o località esclusive. (ibidem).

Che c’azzecca Biella con tutto questo? E veniamo allo “shopping griffato”.

Cos’ha da mettere in campo Biella? Una sedicente “via degli outlet” (la Trossi) divenuta un cimitero di capannoni vuoti con un terminal, gli Orsi, dove ci sono i negozi in franchising che trovi a Magenta, a Pinerolo, a Grenoble e a Timbuctù? Qualche spaccio aziendale da raggiungere caracollando lungo vallate della morte industriale e produttiva?  E le griffe, quelle biellesi che dovrebbero far accorrere la gente, i consumatori italiani e stranieri, quali e dove sono?

Una recente indagine sui trenta nomi di griffe dell’abbigliamento che la gente conosce ci svela che non c’è un solo nome biellese in classifica: forse Fred Perry nella cui comunicazione della “biellesità” (reale o presunta, parziale o totale) non c’è traccia.  Non compare Zegna, né Cerruti, né Piacenza.  E neppure compaiono i nomi dei grandi drappieri che, come fornitori di preziose stoffe, hanno fatto grandi le griffe…non biellesi.  Dovremmo dunque far venire a Biella cinesi e brasiliani a fare “shopping griffato” di stoffe e capi prodotti (e anche venduti) magari proprio in  Cina e in Brasile?   Ma di cosa stiamo parlando?

Gli altri punti di forza dell’appeal biellese da giocare sul tavolo di Milano 2015 sono: il riso (ma va?), la Passione di Sordevolo in salsa american taste, i Santuari, il Golf, l’Oasi Zegna a rischio valanghe e isolamento, il Ricetto di Candelo (l’unico che, viaggiando in proprio, sembra in grado di mantenere ciò che promette).  Su ciascuno di questi torneremo, cercando anche di capire come l’immagine, in parte necessariamente taroccata, di Biella verso Milano 2015 verrà elaborata e comunicata.  Perché il rischio non è quello di perdere il treno, ma di finirci sotto.

Giuliano Ramella

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