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Biella sta morendo

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Caro Direttore, i miei complimenti per il giornale di sabato scorso, fotografia impietosa della città. In taglio basso, Giuliano Ramella su Expo 2015 e su Biella “centro del lusso e dello shopping”. Cerco di dargli torto. Non ci riesco proprio. In apertura un altro Ramella, Franco, che pone condizioni per la gestione del Circolo Sociale: nel week-end, porte aperte a soci e non. Spalla destra: Zegna risponde sulla “strada del paradosso”, quella della stazione sciistica che se non c’è neve non si scia e se c’è neve non si scia lo stesso. Taglio centrale, infine, dedicato proprio Bielmonte.
Un tempo, la Biella con la puzza sotto il naso avrebbe decuplicato la quota associativa del Circolo.

Giusto o sbagliato, le blasonate famiglie della lana e del suo indotto, mai si sarebbero mischiate ai pizzicagnoli. Il punto è che Franco Ramella è bravo. Piaccia o meno la sua polenta concia, la Croce Bianca resta al top della ristorazione, come il servizio catering. Poi si è preso la briga di gestire la caffetteria del Museo e di aprire una Beauty Farm: per fare un massaggio c’è la coda. Adesso il Circolo Sociale. Tutto nel pieno della crisi. Il suo mestiere lo sa fare e ha capito che il tempo dei “gran signori” è finito. Ne esistono ancora e continuano ad amare gli status simbol, ma da tempo considerano Biella roba da sfigati. Hanno la tessera del Sociale per abitudine, un po’ per noia, perché se non ce l’hai sembra brutto. Ma i “gran signori” Biella l’hanno abbandonata da tempo.
Le stesse cose le dice l’altro Ramella (Giuliano). Dove sono le meraviglie dello shopping locale? Avete mai visto uno “store” Zegna di quelli fighi, a Biella? Per vederlo, dovete andare sulla Quinta, a New York, dove un metro quadro costa come una torre intera al Cda. Perché anche Zegna è bravo nel suo mestiere. Sa che non è più tempo di investire qui come fecero i suoi nonni.

A proposito di Zegna: percorriamo “la strada dei paradossi”. Poco tempo fa, un lettore di questo giornale raccontò in epistola la sua gita in una Bielmonte senza neve. Tutto chiuso o quasi. Non si trovavano nemmeno le sigarette, che le trovi anche in galera. Allora aspetti la neve e mandi i bambini a sciare. Prima non riescono ad arrivarci. Poi, quando ci arrivano, restano bloccati sui monti.
Noi grandi tessitori, noi che abbiamo luoghi magnifici e sconosciuti, noi con le nostre specialità culinarie, noi gente d’eccellenza. Palle.

Tessitori lo fummo. Non lo siamo più. E chi continua a tessere lo fa in modo diverso, globalizzato. Non se ne va (per ora) solo perché al momento non serve.
I magnifici luoghi sconosciuti non sono magnifici, sono carini. Ecco perché sono sconosciuti. Basta fare 50 chilometri per rendersene conto. Personalmente, adoro il Piazzo. Ma non è magnifico, è carino. Di borghi storici sono pieni la Vallee, il Monferrato, la Valsesia e smetto di elencare altrimenti finisco domani. Idem per i colline, laghi, montagne. Noi siamo bellini, ma attorno stanno bellezze folgoranti, uniche al mondo, con le quali non possiamo competere. Questa è la verità, il resto è campanilismo.

Specialità culinarie? Abbiamo i canestrelli che se chiudono due panetterie siamo fritti e quattro piatti in croce. Non bastasse, i ristoranti che li cucinano decentemente – e che ti danno un tavolo dopo le dieci di sera – si contano sulle dita di una mano. Mi farei quotidianamente di Maccagno, ma Alpi, Appennini, campagne Felix e mille altri posti, offrono bontà eguali con ventagli di scelta mostruosi. Qui diciamo Toma e Maccagno. Salvo poi scoprire che il Maccagno è una Toma. E che l’alpe Maccagno è in Valsesia. Lessona e Bramaterra, Erbaluce di Viverone, Mesolone. Roba buona, certo. Ma davvero vogliamo fare a gara con i Monferrati o la Francia Corta, giusto per restare a 100 chilometri da casa?

Infine: di quali eccellenze stiamo parlando? Vorrei un elenco che non citasse solo le 5 griffe superstiti del tessile. Delle quali, per altro, abbiamo detto sopra: stanno qui più per caso che per altro. E non hanno portato solo sviluppo. Hanno prodotto anche danni collaterali: è la “monocultura”, bellezza. Per cent’anni c’è stato solo il telaio, che bastava a noi e a sé stesso. Niente gastronomia, cultura, turismo. Eccellenze diverse da quelle del gomitolo, non ne abbiamo mai costruite. E l’eccellenza, per definizione, non si improvvisa in dieci anni. Nemmeno in venti. Esiste l’eccezione “Bill Gates”, che l’eccellenza la fa in tre minuti, dentro un garage. Ma Bill Gates non abita a Gaglianico. Perché Bill Gates un po’ si nasce, ma poi lo si diventa grazie al contesto in cui si cresce. Se quel contesto ti sorregge, allora, forse, volerai. Se un “buco nero” di provincia ti fagocita, avrai due scelte soltanto: lasciarti inghiottire o scappare via.

Pessimista? No. Realista. Il realismo è l’unica base su cui costruire. Solo partendo dall’analisi cruda della realtà, si possono trovare soluzioni. Raccontarsi fregnacce non serve. Sulle fregnacce si costruisce soltanto la retorica piagnucolosa alla quale sembriamo ormai rassegnati.
Stiamo morendo. E le nostre risorse non sono fantastiche come noi, presuntuosi valligiani, le vediamo con gli occhi della tradizione e del campanilismo più gretto e bugiardo. Amare la propria terra è come amare la propria donna. Come vivere ogni giorno accanto a tua moglie, invecchiando insieme. Anche se ha le rughe, la sciatica e, a guardarla, non è più bella come un tempo. Se le vuoi bene, le ricordi di prendere le pastiglie per il mal di schiena e poi la tieni per mano passeggiando in giardino. Magari le compri un gelato. Sarà una domenica pomeriggio migliore di quelle passate chiuso nella tua stanza a frignare sulla fotografia in bianco e nero di una fanciulla che ti rubò il cuore. Ma che non c’è più.

Edoardo Tagliani

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