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Cavicchioli: “Ecco la verità sui richiedenti asilo pakistani”

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Dopo le polemiche degli ultimi giorni sull’arrivo di altri nove pakistani in città, il sindaco marco Cavicchioli dà la propria versione dei fatti, contestando l’utilizzo di verbi come “sfrattare” e “scaricare” nella descrizione della realtà di quanto successo, verbi che non renderebbero merito “agli sforzi che l’intera macchina comunale, con il lavoro spesso oscuro e poco noto delle associazioni, compie per affrontare un problema che esula dalle sue competenze”.

Dopo le polemiche degli ultimi giorni sull’arrivo di altri nove pakistani in città, il sindaco marco Cavicchioli dà la propria versione dei fatti, contestando l’utilizzo di verbi come “sfrattare” e “scaricare” nella descrizione della realtà di quanto successo, verbi che non renderebbero merito “agli sforzi che l’intera macchina comunale, con il lavoro spesso oscuro e poco noto delle associazioni, compie per affrontare un problema che esula dalle sue competenze”.

«È stato il Comune di Biella – spiega il sindaco Marco Cavicchioli – a occuparsi anche di quest’ultima emergenza, andando oltre i suoi compiti istituzionali, spinto dal fatto che non era umanamente accettabile lasciare all’addiaccio queste persone. Mercoledì sera il vicesindaco Diego Presa ha aperto l’ex sede dell’Atap, insieme a funzionari e addetti degli uffici comunali, adattando come si poteva gli ex uffici per far trascorrere la notte a nove persone al caldo e al coperto. Un altro gruppo, arrivato nei giorni precedenti seguendo il passaparola che da giorni porta a Biella cittadini pakistani giunti in Italia via terra, era stato sistemato a cura della Caritas nel dormitorio cittadino, senza che fosse richiesto un nostro intervento».

Nel dettaglio dieci sono stati alloggiati nel dormitorio comunale, nove a Oropa e due, a spese ancora di Caritas, all’ostello del Piazzo.

Lo stabile di viale Macallé, sede storica dell’azienda trasporti, senza docce né cucine, era l’unico spazio libero presente in città nella disponibilità immediata del Comune. «Ma non si è mai pensato di trasformarlo in una residenza definitiva proprio per l’inadeguatezza delle sue dotazioni» prosegue il sindaco. «Per questo nella giornata dì venerdì il Comune ha chiesto alla Prefettura di farsi carico del problema, che è di sua più stretta competenza, trovando altri luoghi più idonei. È bene ricordare che in tutta la provincia il solo Comune di Biella – insieme alla disponibilità data dalla Provincia per la vecchia caserma dei Vigili del Fuoco – ha messo a disposizione immobili di sua proprietà per l’accoglienza dei profughi, nonostante incontri e tavoli di confronto». Per tre giorni il gruppo di pakistani ha dormito su materassi stesi in terra, pranzando alla mensa della Caritas di via Novara e cenando con il cibo che lo stesso vicesindaco Presa ha procurato loro, insieme ai funzionari del Comune, aprendo il proprio portafogli.

Dopo un venerdì di incontri e trattative – e non per un provvedimento preso a sorpresa dal Comune -, da sabato mattina la Prefettura ha preso in carico il gruppo di nove profughi pakistani, solo l’ultimo tra quelli arrivati nelle ultime settimane. «Anche in questo frangente Caritas ha lasciato un mediatore a disposizione della Prefettura – racconta Cavicchioli – per gestire il passaggio di consegne andando, ancora una volta, ben oltre i suoi compiti. La buona notizia è che ora, grazie alla Prefettura, i nove profughi hanno trovato una sistemazione più idonea, pur nella carenza di spazi che il territorio continua ad avere. Resta il fatto che, in una situazione in cui una vicenda difficile dal punto di vista umanitario è stata affrontata da istituzioni e associazioni che non erano tenute a farlo, duole leggere e ascoltare parole gravemente diffamatorie e offensive non già da chi ha un fine politico, ma da chi dovrebbe avere come unico fine quello di informare. Tanto più che Biella è forse un caso unico, nel panorama dell’accoglienza di chi non arriva dai canali “ufficiali”, inviato da Ministero e Prefettura. In altre città, gruppi di persone come quelle che ci impegniamo a sistemare a Biella dormono in strada o in ricoveri di fortuna senza che nessuno si occupi di loro».

Resta un problema più generale da affrontare, «per il quale ci muoveremo subito» dice il sindaco. In questo momento la città ha aperto all’accoglienza l’ex scuola di via Coda a Chiavazza, dove sono ospitati circa sessanta rifugiati. «Anche quello non è un immobile idoneo: ha le docce da campo all’aperto, ben difficili da usare ora che si avvicina la stagione fredda. L’ex sede dell’Atap resterà comunque come soluzione di estrema emergenza perché nella nostra città non ci devono essere persone costrette a dormire ai giardini pubblici. Ma occorre una risposta più strutturata a un problema che, stante la pressione alle frontiere di chi fugge da Africa e Asia, rischia di crescere nei numeri in modo notevole. Faremo la nostra parte, come sempre. L’auspicio è che faccia lo stesso il resto del territorio, stimolato dal necessario ruolo di guida della Prefettura».

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