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Cronaca

‘Ndrangheta, ieri la prima condanna per mafia nel Biellese

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E’ stata pronunciata ieri, nelle aule del Tribunale di Biella, la prima condanna per mafia operante nel territorio biellese, che conferma e sancisce l’esistenza della ‘ndrangheta in questa provincia.

Epilogo di una lunga e complessa attività investigativa iniziata nel 2009, ad opera della Squadra Mobile di Biella e di Torino, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino.

Il Tribunale di Biella ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti degli imputati Antonio Raso, Angelo Di Corrado e Suvad Operta, tutti segnalati all’Autorità Giudiziaria, insieme a numerosi altre persone, a conclusione di un’attività investigativa mirata al contrasto della criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetista, con particolare riferimento alle propaggini piemontesi delle cosche “Raso-Gullace-Albanese” di Cittanova e “Pesce-Bellocco” di Rosarno.

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Quattordici anni ad Antonio Raso

In particolare, il 77enne calabrese Antonio Raso è stato condannato alla pena di 14 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, in qualità di capo promotore del ramo biellese della cosca di riferimento e della cosiddetta “locale di ‘ndrangheta di Santhià”, nonché per tre casi di estorsione nei confronti di imprenditori biellesi, aggravata dalle modalità mafiose previste. Nei confronti di Raso, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, tra cui il Comune di Santhià, è stata anche ordinata la confisca di quanto già sequestrato preventivamente dal Gip di Torino lo scorso 16 giugno 2016, relativo a conti correnti, beni mobili e immobili.

Otto anni al commercialista

Il commercialista di origine pugliese Angelo Di Corrado, 47 anni, è stato invece condannato alla pena di 8 anni di reclusione e 2mila 700 euro di multa per concorso esterno in associazione mafiosa, avendo agito, pur mantenendo relativa autonomia, con la consapevolezza di contribuire alla permanenza e al consolidamento del sodalizio criminoso dei Raso; per concorso di persone nella detenzione e nel porto illegale in luogo pubblico di una pistola, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione ‘ndranghetistica dei Raso, nonché per estorsione aggravata dalle modalità mafiose, perpetrata, insieme a membri della cosca, nei confronti di imprenditori locali.

Operta condannato per le pistole e la rapina

Il cittadino bosniaco Suvad Operta, originariamente sottrattosi all’esecuzione delle misure cautelari disposte nell’ambito dell’operazione “Alto Piemonte” e tratto in arresto dagli investigatori della Squadra Mobile il 21 marzo 2017 di ritorno dalla Bosnia, è stato condannato alla pena di 7 anni di reclusione e 27mila euro di multa, per illegale detenzione e porto in luogo pubblico di due pistole, armi comuni da sparo, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione ‘ndranghetistica dei Raso. E’ stato condannato anche per rapina aggravata perpetrata, in concorso con appartenenti alla cosca biellese, nei confronti del gestore di un locale notturno e per aver ceduto in più occasioni cocaina.

Le condanne precedenti

Già il 15 ottobre scorso la Corte d’Appello di Torino aveva sostanzialmente confermato le pene inflitte al termine del processo celebrato con rito abbreviato nei confronti dei figli di Raso, tutti condannati per associazione mafiosa e una pluralità di altri reati (attualmente ristretti presso strutture detentive), nonché nei confronti di persone ritenute attigue al sodalizio mafioso: Diego Raso, anni 14 e mesi 2 di reclusione; Antonio Miccoli, anni 13 e mesi 2 di reclusione; Enrico Raso, anni 8 e mesi 8 di reclusione; Giovanni Raso (detto “Rocco”), anni 8 e mesi 7 di reclusione; Giovanni Raso, anni 6 e mesi 11 di reclusione; Cosimo Di Mauro, anni 4 e mesi 4 di reclusione; Giuseppe Avenoso, anni 3 e mesi 10 di reclusione.

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