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Cerruti, la trattativa è top secret

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Ufficialmente non esistono trattative per la cessione della Cerruti, o per meglio dire al momento non c’è  nulla di concreto.
E’ questa la risposta data dall’azienda tramite l’Unione industriale biellese ai sindacati che la scorsa settimana avevano richiesto un incontro, quando le prime voci sulla compravendita erano iniziate a girare tra il personale. Richiesta che dopo le notizie apparse sui giornali è stata nuovamente inoltrata nella giornata di lunedì, ottenendo però la stessa risposta: «Al momento non ci sono novità, nulla è cambiato nella proprietà dell’azienda».
Ovviamente tra i lavoratori c’è molta apprensione, aumentata dalla consapevolezza che in tempi come questi le alternative sono molto scarse, se non addirittura nulle per persone giunte nei pressi del traguardo della pensione.
 «Da tempo ormai – spiega Barbara Piva dei Tessili, Chimici, Energia della Cisl – ogni qualvolta un personaggio non conosciuto entra in fabbrica viene immediatamente indicato come un possibile acquirente. Purtroppo da tempo l’azienda è in crisi e questa condizione ha dato vita a una ridda di ipotesi, alcune anche fantastiche, altre più concrete. Per questo motivo la scorsa settimana avevamo chiesto un primo incontro alla direzione dell’azienda stessa».
L’ipotesi della cessione della società  è poi esplosa nella giornata di sabato con la pubblicazione della notizia di un forte interessamento da parte del gruppo biellese  Brandamour, società guidata dagli imprenditori Matteo Tempia Valenta e Nicolò Caneparo. La Brandamour è una società giovane ma che in poco tempo ha acquisito un posto di rilievo nel panorama industriale locale avendo acquisito prima la F.lli Ormezzano, e poi la Luigi Botto e Botto Fila,  con quest’ultima operazione avvenuta grazie al sostegno economico del  fondo australiano Hermitag. E da qui, secondo i rumors non completamente infondati – anzi tutt’altro – è partito il tentativo di acquisizione della Cerruti. Le cui trattative sono a buon punto anche se come tutti sanno in scenari così complessi fino all’apposizione dell’ultima firma non vi è nulla di assolutamente scontato.
«In questo tipo di operazioni – commenta Gloria Missaggia dei tessili della Cgil – il sindacato è sempre l’ultimo ad essere informato, al massimo viene contattato un minuto prima della comunicazione ufficiale alla stampa, se non addirittura dopo. Come si è già verificato. Posso citare casi che hanno avuto protagoniste ditte biellesi dove fino all’ultimo gli stessi dirigenti aziendali sono stati tenuti all’oscuro in  quanto le trattative, ovviamente riservate, erano condotte a livello di proprietà. Quindi il fatto che il sindacato non sia ufficialmente informato non significa nulla».
La crisi dell’azienda è scoppiata lo scorso anno con la richiesta di licenziamento di una sessantina di dipendenti, il cui numero è sceso successivamente a 55. La cassa integrazione straordinaria, scattata il 1 gennaio scorso, durerà fino al  prossimo 31 dicembre. Ricordiamo che allo scoppio della crisi la proposta di “lavorare meno per lavorare tutti” fu respinta dagli stessi interessati nel corso di un’apposita votazione.

Ufficialmente non esistono trattative per la cessione della Cerruti, o per meglio dire al momento non c’è  nulla di concreto.
E’ questa la risposta data dall’azienda tramite l’Unione industriale biellese ai sindacati che la scorsa settimana avevano richiesto un incontro, quando le prime voci sulla compravendita erano iniziate a girare tra il personale. Richiesta che dopo le notizie apparse sui giornali è stata nuovamente inoltrata nella giornata di lunedì, ottenendo però la stessa risposta: «Al momento non ci sono novità, nulla è cambiato nella proprietà dell’azienda».
Ovviamente tra i lavoratori c’è molta apprensione, aumentata dalla consapevolezza che in tempi come questi le alternative sono molto scarse, se non addirittura nulle per persone giunte nei pressi del traguardo della pensione.
 «Da tempo ormai – spiega Barbara Piva dei Tessili, Chimici, Energia della Cisl – ogni qualvolta un personaggio non conosciuto entra in fabbrica viene immediatamente indicato come un possibile acquirente. Purtroppo da tempo l’azienda è in crisi e questa condizione ha dato vita a una ridda di ipotesi, alcune anche fantastiche, altre più concrete. Per questo motivo la scorsa settimana avevamo chiesto un primo incontro alla direzione dell’azienda stessa».
L’ipotesi della cessione della società  è poi esplosa nella giornata di sabato con la pubblicazione della notizia di un forte interessamento da parte del gruppo biellese  Brandamour, società guidata dagli imprenditori Matteo Tempia Valenta e Nicolò Caneparo. La Brandamour è una società giovane ma che in poco tempo ha acquisito un posto di rilievo nel panorama industriale locale avendo acquisito prima la F.lli Ormezzano, e poi la Luigi Botto e Botto Fila,  con quest’ultima operazione avvenuta grazie al sostegno economico del  fondo australiano Hermitag. E da qui, secondo i rumors non completamente infondati – anzi tutt’altro – è partito il tentativo di acquisizione della Cerruti. Le cui trattative sono a buon punto anche se come tutti sanno in scenari così complessi fino all’apposizione dell’ultima firma non vi è nulla di assolutamente scontato.
«In questo tipo di operazioni – commenta Gloria Missaggia dei tessili della Cgil – il sindacato è sempre l’ultimo ad essere informato, al massimo viene contattato un minuto prima della comunicazione ufficiale alla stampa, se non addirittura dopo. Come si è già verificato. Posso citare casi che hanno avuto protagoniste ditte biellesi dove fino all’ultimo gli stessi dirigenti aziendali sono stati tenuti all’oscuro in  quanto le trattative, ovviamente riservate, erano condotte a livello di proprietà. Quindi il fatto che il sindacato non sia ufficialmente informato non significa nulla».
La crisi dell’azienda è scoppiata lo scorso anno con la richiesta di licenziamento di una sessantina di dipendenti, il cui numero è sceso successivamente a 55. La cassa integrazione straordinaria, scattata il 1 gennaio scorso, durerà fino al  prossimo 31 dicembre. Ricordiamo che allo scoppio della crisi la proposta di “lavorare meno per lavorare tutti” fu respinta dagli stessi interessati nel corso di un’apposita votazione.