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Camoscio impallinato, è bagarre

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Tra i tanti argomenti che dividono, anzi mettono uno contro l’altro, vi è certamente la caccia. Nei giorni scorsi uno dei post più discussi (oltre 300 mi piace) accompagnato da una valanga di commenti non tutti all’acqua di rosa – tant’è che alla fine è stato cancellato – è quello realizzato da Andrea Cavallo. Oltre a essere conosciuto per la sua attività professionale di antiquario, da qualche anno l’uomo ha dato il via alla tracciatura dei sentieri di montagna, trovando sempre più appoggi disinteressati tra gli appassionati. E proprio nei giorni scorsi impegnato in una di queste uscite sulle montagne biellesi, Andrea Cavallo ha assistito in presa diretta all’uccisione di una femmina di camoscio da parte di alcuni cacciatori. Nella successiva testimonianza riportata sul profilo Facebook ha poi voluto esprimere, con termini calmi ed educati, il proprio personale disagio per lo spettacolo a cui aveva assistito.
Nell’Italia dei guelfi e ghibellini la discussione pubblica che ne è seguita si è ovviamente “surriscaldata” evidenziando l’incompatibilità assoluta tra cacciatori e quanti ritengono che nel 2017 tale pratica – che si voglia chiamare sport, disciplina, arte, filosofia di vita o quant’altro – sia diventata un’autentica barbarie. Come peraltro certificano tutti i sondaggi degli ultimi anni, anche in questo caso i contrari sono stati in netta maggioranza ma pure i cacciatori hanno voluto far valere le proprie ragioni in un clima generale – ripetiamo – di assoluta incomunicabilità. E alla fine l’autore ha deciso di rimuovere il post. Questa che segue è la testimonianza dell’accaduto: «Salivamo, nel silenzio – scrive Andrea Cavallo – per recarci come d’abitudine, nei settori più alti ad effettuare le solite tracciature di sentieri. Il vallone come sempre era solitario e grandioso. L’uomo è quasi schiacciato nella sua insignificante presenza di fronte alla maestosità della montagna. Ad una svolta di un sentiero un amico, che conosco da anni, cannocchiale in mano ci avverte che altri cacciatori sono più a monte. Poco dopo infatti un colpo improvviso scuote il silenzio della montagna ed echeggia sui canaloni laterali. Appena più a monte del sentiero riconosco un altro amico, in compagnia del giovane figlio. Laura, accanto a me, esprime sottovoce il suo disappunto, ma l’amico ci dice che la caccia è storicamente questa… che spiace un po’ anche a lui… e sinceramente gli credo. Ma non ho il cuore di cercare con lo sguardo l’animale colpito. Dopo un breve saluto proseguo per il sentiero in salita. Quel colpo che ha fatto trasalire Otzi, ha fermato d’improvviso il cuore della giovane femmina di camoscio. L’avevamo incontrata nelle settimane precedenti, felicemente integrata in quei rudi paesaggi. Di colpo appariva al fondo di un dirupo e subito lo risaliva agilissima, dileguandosi alla vista. Quella montagna era sua e noi alieni di passaggio. Chi frequenta quei luoghi sa che questa è la sola verità».
Poi dopo è iniziato lo scontro.

Tra i tanti argomenti che dividono, anzi mettono uno contro l’altro, vi è certamente la caccia. Nei giorni scorsi uno dei post più discussi (oltre 300 mi piace) accompagnato da una valanga di commenti non tutti all’acqua di rosa – tant’è che alla fine è stato cancellato – è quello realizzato da Andrea Cavallo. Oltre a essere conosciuto per la sua attività professionale di antiquario, da qualche anno l’uomo ha dato il via alla tracciatura dei sentieri di montagna, trovando sempre più appoggi disinteressati tra gli appassionati. E proprio nei giorni scorsi impegnato in una di queste uscite sulle montagne biellesi, Andrea Cavallo ha assistito in presa diretta all’uccisione di una femmina di camoscio da parte di alcuni cacciatori. Nella successiva testimonianza riportata sul profilo Facebook ha poi voluto esprimere, con termini calmi ed educati, il proprio personale disagio per lo spettacolo a cui aveva assistito.
Nell’Italia dei guelfi e ghibellini la discussione pubblica che ne è seguita si è ovviamente “surriscaldata” evidenziando l’incompatibilità assoluta tra cacciatori e quanti ritengono che nel 2017 tale pratica – che si voglia chiamare sport, disciplina, arte, filosofia di vita o quant’altro – sia diventata un’autentica barbarie. Come peraltro certificano tutti i sondaggi degli ultimi anni, anche in questo caso i contrari sono stati in netta maggioranza ma pure i cacciatori hanno voluto far valere le proprie ragioni in un clima generale – ripetiamo – di assoluta incomunicabilità. E alla fine l’autore ha deciso di rimuovere il post. Questa che segue è la testimonianza dell’accaduto: «Salivamo, nel silenzio – scrive Andrea Cavallo – per recarci come d’abitudine, nei settori più alti ad effettuare le solite tracciature di sentieri. Il vallone come sempre era solitario e grandioso. L’uomo è quasi schiacciato nella sua insignificante presenza di fronte alla maestosità della montagna. Ad una svolta di un sentiero un amico, che conosco da anni, cannocchiale in mano ci avverte che altri cacciatori sono più a monte. Poco dopo infatti un colpo improvviso scuote il silenzio della montagna ed echeggia sui canaloni laterali. Appena più a monte del sentiero riconosco un altro amico, in compagnia del giovane figlio. Laura, accanto a me, esprime sottovoce il suo disappunto, ma l’amico ci dice che la caccia è storicamente questa… che spiace un po’ anche a lui… e sinceramente gli credo. Ma non ho il cuore di cercare con lo sguardo l’animale colpito. Dopo un breve saluto proseguo per il sentiero in salita. Quel colpo che ha fatto trasalire Otzi, ha fermato d’improvviso il cuore della giovane femmina di camoscio. L’avevamo incontrata nelle settimane precedenti, felicemente integrata in quei rudi paesaggi. Di colpo appariva al fondo di un dirupo e subito lo risaliva agilissima, dileguandosi alla vista. Quella montagna era sua e noi alieni di passaggio. Chi frequenta quei luoghi sa che questa è la sola verità».
Poi dopo è iniziato lo scontro.

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